LIBRI

LIBRI... scrivo di quello che scrivono gli altri

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ANTISTORIA DEGLI ITALIANI
da Romolo a Giovanni Paolo II

Dal sito dell'editore (www.librimondadori.it):
"Chi sono veramente gli italiani? Quali sono le loro origini e i loro reali motivi di vanto? Spingendo la sua analisi indietro nel tempo fino alla fondazione di Roma, Giordano Bruno Guerri riscrive il passato del nostro popolo, liberandolo dai luoghi comuni, dalle "dimenticanze" e dalle falsità accumulatesi nei secoli. Una ricostruzione originale, acuta e irriverente di tremila anni di storia del "Bel Paese"."

Primo libro ad argomento storico che leggo senza esserne costretto... grazie papà!
[Daniele, 31.10.2015]


IL SETTIMO PAPIRO

Dal sito dell'editore (www.longanesi.it):
"Secoli di pace laboriosa, in armonia con il respiro del Nilo, hanno reso nobile e magnifica la civiltà egiziana. Ora, però, cinto d'assedio da nemici spietati e minato all'interno da oscuri intrighi, l'Egitto deve affidare il suo destino a coloro che si sentono veri figli del dio del fiume, il grande Nilo: Taunus, il guerriero dai capelli di rame e dal braccio formidabile; Lostris, affascinante e saggia, ma costretta a sacrificare il suo amore alle ragioni del potere; Taita, umile schiavo dotato d'infinita curiosità e di un ingegno multiforme. E sarà proprio il dio del fiume a segnare la strada di un viaggio in cui tutti, uomini e donne, servi e nobili, saranno chiamati a provare, con lacrime e sangue, la loro devozione per l'Egitto..."

Bello ma... l'ha scritto WS? Gli è caduta una manciata di "Ad un certo punto..." ?
[Daniele, 15.08.2015]


IL DIO DEL FIUME

Dal sito dell'editore (www.longanesi.it):
"La tomba leggendaria del faraone Mamose: uno scrigno di roccia concepito dallo scriba Taita per celebrare la potenza del suo sovrano e per conservarne in eterno le immense ricchezze. Un'orgogliosa sfida lanciata ai posteri, a chi sarà abbastanza coraggioso, o folle, da affrontare una micidiale trappola capace di risvegliare gli istinti più violenti. Un mistero affascinante, la cui unica, esile traccia è vergata su un fragile papiro… Riprendendo magistralmente la vicenda di Taita, narrata nel Dio del fiume, Wilbur Smith proietta l'azione ai giorni nostri, costruendo una potente avventura archeologica, un'incalzante caccia al tesoro fitta di enigmi, rivelazioni e colpi di scena, una tumultuosa storia di passioni, di avidità, di coraggio, di amore."

La rilettura di questo romanzo mi ricorda perchè WS è uno dei più grandi narratori dei nostri tempi.
[Daniele, 15.07.2015]


IL FINE ULTIMO DELLA CREAZIONE

Dal sito del ri-editore (www.cairoeditore.it):
"Texas, carcere di massima sicurezza di Green River. Duemilacinquecento detenuti rinchiusi in una gabbia di acciaio, granito e vetro, illuminata giorno e notte da una luce crudele. Una perfetta macchina punitiva che mette a nudo il colpevole in ogni momento della sua vita, facendo leva sulle sue fantasie paranoidi. Una concezione razionalista che dovrebbe garantire il funzionamento del potere, ma che non regge la prova dei fatti. Per questo, il direttore Hobbes decide nella sua coerente follia che è giunto il tempo di restituire la prigione ai suoi immondi abitanti, i quali, lasciati a se stessi, ristabiliranno una loro primaria morale. Ray Klein, medico condannato ingiustamente per lo stupro della fidanzata, da tre anni vive a Green River. È riuscito a sopravvivere alla violenza del penitenziario rimanendo fedele al motto: «Non sono cazzi tuoi». Poche parole scritte sullo specchio che rimanda la sua immagine ogni mattina. Da non dimenticare mai. Ed è riuscito a non impazzire lavorando nell’infermeria a fianco della psicologa Juliette Devlin. Ma il giorno in cui Klein ottiene la libertà vigilata, l’inferno di Green River prende fuoco. Il farneticante disegno del direttore sfocia in una rivolta di inaudita ferocia: assassini, rapinatori, stupratori bianchi scendono in guerra contro assassini, rapinatori, stupratori neri e latinos. Una lotta tribale di tutti contro tutti in nome della distruzione. Klein può rintanarsi nella sua cella e aspettare che l’apocalisse si consumi. Oppure può attraversare il campo di battaglia per soccorrere i suoi malati di Aids, rimasti intrappolati nell’infermeria insieme alla dottoressa Devlin, la donna che ha scoperto di amare."

La rilettura di questo romanzo rispolverato dalla mia libreria dopo 20 anni mi lascia con la stessa domanda finale: "E allora?" La trama è così scarna e l'ambientazione così monotona che l'unica cosa bella sono la crudeltà e la realisticità delle singole scene. Dettagli così precisi da far capire che prima di voler essere scrittore Willocks è un medico. Certo che se il fine ultimo della creazione è l'uomo, leggendo il romanzo non si può che concludere che l'obiettivo è stato miseramente mancato.
Nella mia edizione Mondadori, prima pagina, c'è una dedica che mi fa pensare a) che sembra un'altra vita e mai allora avrei immaginato potesse cambiare così; b) che il libro era un regalo; c) che nella dedica c'è scritto che il fine ultimo della creazione è la vita e mi suggerisce di viverla intensamente. Beh... a ben pensarci probabilmente non l'ho vissuta davvero... è lei che ha vissuto me!
[Daniele, 15.06.2015]


L'ISOLA DEI MONACI SENZA NOME

Dal sito dell'editore (www.newtoncompton.com):
"Il 2 luglio 1544 l’armata del corsaro ottomano Khayr al-Din Barbarossa mette sotto assedio le coste dell’isola d’Elba. Lo scopo è liberare il figlio di Sinan il Giudeo, suo generale delle galee, tenuto in ostaggio dal principe di Piombino. Il vero interesse del corsaro non è però il giovane, bensì il terribile segreto che egli custodisce. Il figlio di Sinan è infatti l’ultimo depositario di un mistero risalente ai tempi di Gesù e in grado di minare le basi della fede cattolica. Ma il Rex Deus è stato occultato per oltre quindici secoli ed entrarne in possesso sarà tutt’altro che semplice. Il giovane dovrà seguire un’antica pista di indizi lasciata da un monaco templare, destreggiandosi tra rivalità di corsari, intrighi di corte e battaglie navali. E dovrà anche sventare il complotto della Loggia dei Nascosti, intenzionata a mettere le mani su quell’antico segreto… Che cos'è il Rex Deus e perché il suo segreto è nascosto da oltre quindici secoli?

[Daniele, 26.04.2015]


OGNI GIORNO COME FOSSI BAMBINA

Dal sito dell'editore (www.garzantilibri.it):
"I lunghi capelli di Argentina, un tempo corvini, ormai sono percorsi da fili argentei, ma i suoi occhi non hanno smesso di brillare. Perché Argentina, a ottant'anni, si sveglia ancora come fosse bambina. Ogni mattina attende con ansia quella sorpresa che le cambierà la giornata. Quella sorpresa che nasconde un segreto da non rivelare a nessuno. A scoprirlo è Arianna, che a sedici anni si sente goffa e insicura. È felice solo quando è circondata dai libri. Le loro pagine la portano lontana dai suoi genitori e dai compagni di scuola che non la capiscono. Essere costretta a fare compagnia ad Argentina è l'ultima cosa che avrebbe voluto. Ma quando Arianna fa luce sul mistero di quelle lettere che riescono a portare un sorriso sul viso della donna, tutto cambia. Qualcosa di forte inizia a unirle. Perché quelle righe custodiscono una storia e un ricordo d'amore. La storia di Argentina, ancora ragazza, e di Rocco che con un solo sguardo è stato capace di leggerle l'anima. La storia di un sentimento cresciuto sulle note di una poesia tra i viottoli e gli scorci di un piccolo paese. Un paese in cui Argentina non è più tornata. Ma Arianna è lì per darle il coraggio di affrontare un viaggio che la donna desidera fare da molto tempo. Un viaggio in cui scoprono che il cuore non smette mai di sognare, anche quando è solcato da rughe profonde. Un viaggio in cui scoprono che niente è impossibile, se lo si vuole davvero. Michela Tilli ha scritto un romanzo indimenticabile, con una penna unica, intensa, incisiva. Ogni giorno come fossi bambina è un fenomeno editoriale che ha conquistato la critica, i librai e gli editori internazionali. La storia di due donne che appartengono a generazioni diverse e di un legame che supera tutte le barriere. Perché ci sono dei linguaggi che non hanno età né tempo, come quello dell'amore, dell'amicizia e dei ricordi. Perché in fondo non è mai troppo tardi per inseguire i propri desideri.

[Daniele, 15.03.2015]


COSE CHE NESSUNO SA


Dal sito dell'autore (www.profduepuntozero.it):
"Margherita ha quattordici anni e sta per varcare una soglia magica e spaventosa: l’inizio del liceo. I corridoi della nuova scuola sono pieni di fascino ma anche di minacce, nel primo intervallo dell’anno scolastico si stringono alleanze e si emettono sentenze capaci di segnare il futuro. Chiusa nella sua stanza, con il tepore del sole estivo ancora sulla pelle, Margherita si sente come ogni adolescente: un’equilibrista su un filo sospeso nel vuoto. Solo l’amore dei genitori, della straordinaria nonna Teresa, del fratellino le consentono di lanciarsi, di camminare su quel filo, di mostrarsi al mondo e provare a diventare grande con le sue forze. Ma un giorno Margherita ascolta un messaggio in segreteria telefonica. È suo padre: annuncia che non tornerà più a casa. Per Margherita si spalanca il vuoto sotto i piedi. Ancora non sa che sarà proprio attraversando questo doloroso smarrimento che a poco a poco si trasformerà in una donna, proprio come una splendida perla fiorisce nell’ostrica in seguito all’attacco di un predatore marino. Perché questo è il segreto del dolore: sa dove si nasconde la vita e se ne nutre per farle crescere le ali. Questa volta però la saggezza sorridente di nonna Teresa non basterà a Margherita, e sarà dal suo nuovo mondo, quello scolastico, che giungeranno nuove voci in grado di aiutarla: quella di Marta, la compagna di banco capace di contagiarla con il suo entusiasmo, quella profonda di Giulio, il ragazzo più misterioso della scuola, e anche quella di un professore, un giovane uomo alla ricerca di sé eppure capace di ascoltare le pulsazioni della vita nelle pagine dei libri. Proprio in un libro, l’Odissea, Margherita legge la storia di Telemaco e trova le energie per partire in un viaggio alla ricerca del padre che cambierà radicalmente il suo destino. Dopo il grande successo del romanzo d’esordio Bianca come il latte, rossa come il sangue, Alessandro D’Avenia torna a raccontarci con tenerezza, coraggio e vibrante partecipazione l’adolescenza – i suoi tormenti, i suoi enigmi e insieme la sua spensieratezza e vitalità; ma questa volta ai suoi giovani protagonisti affianca personaggi adulti còlti nel passaggio stretto di una crisi: quello che prima o poi capita a tutti, rivelando fragilità e desideri che ci portiamo dentro e appartengono ai ragazzi che siamo stati. Cose che nessuno sa ha il passo lungo di una grande storia: quella di tutti coloro che sanno guardare in faccia i propri fantasmi e compiere il viaggio avventuroso che li riporterà a casa.

Cercavo un romanzo leggero, di un autore italiano che mi liberasse dal nero di troppi thriller americani. Mi sono trovato tra le mani un'opera d'arte composta prevalentemente da tasselli di vita che da adulti abbiamo già vissuto, ma senza la consapevolezza di ciò che ci stava accadendo. Un gran lavoro di caratterizzazione dei personaggi che conduce all'esplorazione di quel mistero soggettivo che è l'adolescenza, ma anche dell'amore che strugge l'adulto e della saggezza che fortifica l'anziano. Il tutto profondamente ancorato a quel miscuglio di dolore e felicità che si combinano diventando voglia di vivere. La trama è molto semplice, il ritmo lineare e piacevole, il contenuto lascia un sorriso, la voglia di cercare nei libri qualcosa che va oltre le parole e il limpido piacere di aver compreso una parte della vita che spesso ci si lascia alle spalle con sollievo. E' meglio viverla pienamente che lasciarla passare, quindi "Cose che nessuno sa" è un'ottima lettura a 13 anni, e un'interessante ri-lettura 20 anni più tardi. La curiosità mi ha spinto a spulciare il sito dell'autore e a concedermi un'ora di video e testi aggiuntivi. La ricerca si conclude con la mia ammirazione nei confronti del Prof per essere riuscito a trasformare la sua personalità in passione e la sua passione in un grande progetto di vita. Ben fatto.
[Daniele, 15.01.2015]


COLPA DELLE STELLE


Dal sito dell'editore (www.rcslibri.it):
"Hazel ha sedici anni, ma ha già alle spalle un vero miracolo: grazie a un farmaco sperimentale, la malattia che anni prima le hanno diagnosticato è ora in regressione. Ha però anche imparato che i miracoli si pagano: mentre lei rimbalzava tra corse in ospedale e lunghe degenze, il mondo correva veloce, lasciandola indietro, sola e fuori sincrono rispetto alle sue coetanee, con una vita in frantumi in cui i pezzi non si incastrano più. Un giorno il destino le fa incontrare Augustus, affascinante compagno di sventure che la travolge con la sua fame di vita, di passioni, di risate, e le dimostra che il mondo non si è fermato, insieme possono riacciuffarlo. Ma come un peccato originale, come una colpa scritta nelle stelle avverse sotto cui Hazel e Augustus sono nati, il tempo che hanno a disposizione è un miracolo, e in quanto tale andrà pagato.
Bello, si legge in fretta e si legge bene. Ma... che triste!!
[Daniele, 25.11.2014]


DANNATI


Dal sito dell'editore (www.editricenord.it):
"Immagina di trovarti all’improvviso in un mondo simile al nostro, ma completamente diverso. Un mondo dove sono confinati tutti i malvagi vissuti sulla Terra dall’inizio dei tempi. Un mondo dove tu sei l’unico «vivo». Quel mondo è l’Inferno e tu hai un solo obiettivo: tornare a casa.
Lo chiamano Oltre. Alcuni sono appena arrivati in quel mondo così simile al nostro eppure così diverso. Altri invece sono lì da secoli e sono ormai indifferenti alla perenne coltre di nubi che nasconde il sole e all’atmosfera cupa che li circonda. Ma ognuno di loro condivide lo stesso destino: dopo essere morti, sono stati condannati per l’eternità. Sia che abbiano scritto a caratteri di fuoco il loro nome nel grande libro della Storia – tiranni sanguinari, sovrani spietati, criminali di guerra – sia che nel corso della loro oscura esistenza si siano macchiati di colpe incancellabili, adesso sono tutti relegati in quel luogo maledetto. Tutti, tranne John Camp. Lui è «vivo», ed è lì per sua scelta. Perché ha giurato di salvare la donna che ama. Durante un audace esperimento di fisica delle particelle, la dottoressa Emily Loughty è scomparsa nel nulla e, quando si è deciso di ripetere il procedimento per capire cosa fosse successo, John si è posizionato nel punto esatto in cui lei era sparita e… in un attimo è stato catapultato all’Inferno. E ora deve affrontare un mondo sconosciuto e ostile per ritrovare Emily e riportarla indietro. Ma il tempo a sua disposizione è poco, e tutti e due rischiano di rimanere per sempre prigionieri nella terra dei Dannati…"
Simpatico. Non il migliore di Glenn. E mi chiedo: "Serviva disturbarne così tanti? E lasciamoli in pace 'sti morti!"
[Daniele, 10.11.2014]


IL LIBRAIO DI SELINUNTE


Dal sito dell'autore (www.vecchioni.org):
"Un libraio che non vende libri ma li legge ad alta voce. E li legge a un ragazzo, l’unico che abbia orecchie per lui. Saffo, Pessoa, Tolstoj, Rimbaud…"
…Perché «tutte le parole scritte dagli uomini sono forsennato amore non corrisposto; sono un diario frettoloso e incerto che dobbiamo riempire di corsa, perché tempo ce n’è poco. Un immenso diario che teniamo per Dio, per non recarci a mani vuote all’appuntamento».
Vi svegliate un giorno e non avete più parole per dire «giorno». Scendete in strada e non avete più parole per dire «strada». Poi scoprite che la città è piena di smemorati come voi, che vagano sperduti in una nebbia di cose senza nome, incapaci di parlare e ricordare, incapaci di pensare. Perché tutti, quel giorno, avete perso le parole, le avete perse per sempre, ed è colpa vostra. Soltanto un ragazzo, «Frullo», è salvo dall’incantesimo e può raccontare i fatti incredibili che hanno portato a tutto questo. Soltanto lui, perché ha conosciuto il libraio. Un uomo misterioso, giunto in città con i suoi bauli pieni di libri e tanta voglia di raccontarli, più che di venderli. Accolto male dalla comunità perché diverso, straniero, e quindi estraneo, il libraio riesce a stabilire un magico legame solo con Frullo, che, nascosto dietro due pile di libri, lo ascolta leggere ogni sera i passi più belli dei grandi poeti e romanzieri di ogni tempo. E quelle parole, per Frullo come per ogni lettore, spalancano di colpo un universo di emozioni e di storie che hanno un’eco lunga, come una favola infinita."
Storiella, pure difficile da leggere.
[Daniele, 20.10.2014]


ORIZZONTE DI FUOCO


Dal sito dell'editore (www.editricenord.it):
"Sudafrica, 1900. Per sfuggire all’avanzata degli inglesi, alcuni soldati boeri si nascondono in un immenso labirinto di gallerie sotterranee. Credono di essere al sicuro, e invece, l'uno dopo l’altro, contraggono un morbo sconosciuto e muoiono fra atroci sofferenze. La Storia li dimenticherà e la loro fine rimarrà un mistero… Russia, oggi. Da diversi anni ha lasciato l’esercito, eppure l’ex ranger Tucker Wayne è ancora il migliore nelle operazioni di salvataggio. Ed è a lui che il dipartimento della Difesa degli Stati Uniti affida una missione d’importanza cruciale: prelevare dal suo laboratorio in Siberia Abram Bukolov – uno scienziato di fama mondiale – e portarlo fuori del Paese. Bukolov infatti è il padre di una nuova, devastante arma biologica, ed è necessario nasconderlo in un luogo segreto prima che altre persone possano mettere le mani sulla sua invenzione. Ma quello che il governo americano non sa, e che Tucker scoprirà sulla propria pelle, è che un gruppo di uomini potenti e senza scrupoli è già sulle tracce di Bukolov… L’unica soluzione è scortare lo scienziato nel cuore dell’Africa, là dove la vita sulla Terra ha avuto inizio e dove è sepolta la chiave per neutralizzare la minaccia biologica. Mentre il tempo scorre inesorabile, il destino del genere umano è nelle mani di Tucker Wayne."
Questo è un libro d'azione. Di quelli fatti bene.
Grazie Elisa e Adele per il regalo!
[Daniele, 20.09.2014]


A COSA SERVE LA POLITICA?


Dal sito dell'editore (www.inmondadori.it):
""Oggi c'è un forte risentimento contro la classe politica per i suoi troppi privilegi, per il malcostume diffuso, per i costi, l'arroganza, l'inefficienza, la corruzione. Ma in realtà esiste una questione molto più profonda, che questo libro intende affrontare, e che riguarda il ruolo stesso della politica nella società. E radicata l'idea che sia la politica a determinare il benessere di un paese. E che, cambiando maggioranza, o cambiando leader, si possano ottenere cose che in realtà non dipendono dalla politica. E che non dipendono neppure dalla capacità di lottare per ottenerle. Questo non significa che la politica non sia importante, anzi. Ma soltanto se riesce a stimolare e a far crescere in modo prioritario quei "software", quei motori dello sviluppo che sono i veri produttori di ricchezza. E anche i veri attrattori di investimenti. Ma è così che funziona la politica in Italia?" Andando al di là delle polemiche quotidiane, Piero Angela ci offre un punto di vista diverso e illuminante per mettere a fuoco il vero problema del nostro paese.
Piero Angela, con la sua consueta semplicità espositiva evidenzia situazioni scomode ma, purtroppo, vere. Con dati, esempi e ragionamenti economici e sociologici ci offre un’analisi dell’Italia che va e di quella che non va.
Un occhio di riguardo al ruolo della politica, che deve guidare e saper dare impulso alla produzione e alla distribuzione della ricchezza, e ai suoi leader, per i quali è necessaria un’adeguata formazione e strumenti adatti ad affrontare un mondo complesso.
L’Italia è un paese in difficoltà, con prospettive sconfortanti, ma ci sono possibilità di miglioramento soprattutto partendo dai piccoli gesti quotidiani del singolo cittadino, perché alla fine: “un paese è quello che sono i suoi cittadini”.
Cosa serve all’Italia per riprendere a camminare? La fiducia.
Bel libro, che lascia un po’ di amaro in bocca e una serena voglia di far bene.
[Daniele, 06.08.2014]


IL MOMENTO E' DELICATO


Dal sito dell'editore (www.einaudi.it):
«C'era una parte poco frequentata delle edicole della stazione, quasi abbandonata, quella dei tascabili. Tra i libri accatastati, nascosti dietro un vetro, avvolti nella plastica e ricoperti di polvere cercavo le raccolte di racconti. Era un momento tutto mio, un piacere solitario e veloce perché il treno stava partendo. Studiavo un po' i disegni della copertina, pagavo e infilavo il libro in tasca. Appena mi sedevo al mio posto, gli strappavo la plastica che non lo faceva respirare. Aprivo una pagina a caso, trovavo l'inizio del racconto e attaccavo a leggere. Altre volte, invece, guardavo l'indice e sceglievo il titolo che mi ispirava di piú. E mentre il treno mi portava via finivo su pianeti in cui c'è sempre la notte, su scale mobili che non finiscono mai e tra mogli che uccidono i mariti a colpi di cosciotti di agnello congelati. Quella era vera goduria. E spero che la stessa goduria la possa provare anche tu, caro lettore, leggendo questa raccolta di racconti che ho scritto durante gli ultimi vent'anni. C'è un po' di tutto. Non devi per forza leggerla in treno. Leggila dove ti pare e parti dall'inizio o aprendo a caso».
Passati i primi due racconti è dura andare avanti... dura come leggere gli esperimenti di un principiante. Ma dai!
[Daniele, 13.07.2014]


IL VICERE' DI OUIDAH


Dal sito dell'editore (www.adelphi.it):
"Più di un secolo dopo la morte di un celebre negriero, Dom Francisco da Silva, i suoi numerosi discendenti si riuniscono a Ouidah, nel Dahomey, «per onorare la sua memoria con una messa di requiem e un pranzo». Sono una folla variegata di poveri e di ricchi, che hanno un rimpianto in comune: l’epoca della tratta degli schiavi, «perduta età dell’oro in cui la loro famiglia era stata ricca, famosa e bianca ... Ognuno di loro teneva appeso il ritratto di Dom Francisco fra le immagini dei santi e della Vergine: attraverso di lui si sentivano collegati all’eternità». Da questa scena di grottesca maestà prende l’avvio una narrazione che ci riconduce ai primi anni dell’Ottocento, quando il giovane brasiliano Francisco da Silva si imbarcò per cercare fortuna in Africa. Da quel momento si snoda dinanzi a noi una sequenza di fatti che ci cattura come un incessante delirio. Il re pazzo del Dahomey, che poggia i piedi sulle teste mozzate di un ragazzo e di una ragazza; le sue feroci Amazzoni, che vanno in caccia di vittime da vendere come schiavi; i teschi dei nemici minori del re ammucchiati su vassoi di rame, mentre quelli «dei grandi erano avvolti nella seta e conservati in ceste imbiancate»; il negriero tuffato nell’indaco per renderlo uguale ai negri; il sordo lamento di una reclusa centenaria; Dom Francisco in rovina che fa suonare insieme i suoi carillon svizzeri. Sono immagini che lampeggiano un attimo e si mescolano ai colori invadenti della natura, dei muri rosa scrostati, dei costumi di una Semiramide dell’Opera di Rio che finiscono indossati dai cortigiani del re del Dahomey. Con magistrale precisione, Chatwin ha ricomposto nella sua prosa asciutta e vibrante le schegge disperse di una storia vera che ha l’andamento di un inestricabile sogno, punteggiato di atroci sorprese. Le voci del passato si ritrovano qui, insieme ai discendenti del negriero Francisco da Silva, «viceré di Ouidah», a spargere «cibo, sangue, piume e Gordon’s gin sul letto, tomba e altare del Morto».
[Daniele, 02.06.2014]


IL SUGGERITORE


Dal sito dell'editore (www.longanesi.it):
"Questo libro non è solo un thriller scritto da un autore italiano agli esordi, che si confronta con un genere finora appannaggio dei grandi autori americani, reinventando le regole del gioco. È molto di più: è una storia che esplora la zona grigia fra il bene e il male fino a cogliere l’ultimo segreto, il minimo sussurro. Qualcosa di sconvolgente è successo, qualcosa che richiede tutta l’abilità degli agenti della Squadra Speciale guidata dal criminologo Goran Gavila. Il loro è un nemico che sa assumere molte sembianze, che li mette costantemente alla prova in un’indagine in cui ogni male svelato porta con sé un messaggio. Ma, soprattutto, li costringe ad affacciarsi nel buio che ciascuno si porta dentro. È un gioco di incubi abilmente celati, una continua sfida. Sarà con l’arrivo di Mila Vasquez, un’investigatrice specializzata nella caccia alle persone scomparse, che gli inganni sembreranno cadere uno dopo l’altro, grazie anche al legame speciale che comincia a formarsi fra lei e il dottor Gavila. Ma un disegno oscuro è in atto, e ogni volta che la Squadra sembra riuscire a dare un nome al male, ne scopre un altro ancora più profondo..."
Denso e vischioso.
[Daniele, 15.04.2014]


AMMAZZIAMO IL GATTOPARDO


Dal sito dell'editore (www.lafeltrinelli.it):
"Alan Friedman fa parlare gli uomini che hanno avuto, hanno oggi e avranno domani le massime responsabilità di governo in Italia. Senza giri di parole né peli sulla lingua, con lo stile diretto che è sempre stato il segno forte del suo giornalismo, Friedman torna a raccontare la realtà italiana, ricostruendo i retroscena dei giochi di potere, i piani politici, le forzature istituzionali che hanno portato il nostro Paese a un passo dall'abisso. Il tutto con incursioni dell'autore nella sua esperienza personale di giornalista, ricca di aneddoti e incontri con gli uomini che il potere lo hanno gestito fino a oggi."
[Daniele, 10.04.2014]


IL MARCHIO DEL DIAVOLO


Dal sito dell'editore (www.editricenord.it):
"Roma 1139. Inquieto, un uomo alza gli occhi alla volta celeste. Seguendo le indicazioni dei suoi predecessori, è arrivato nella Città Eterna per assistere all'eclissi che mostrerà un allineamento astrale unico. All'ora stabilita, la luna a poco a poco si dissolve nell'oscurità, rivelando 112 stelle. È il segno che l'uomo aspettava: ancora 112 papi, poi, sulle rovine della Chiesa, sorgerà un nuovo mondo. Roma, 2000. Incredula, una giovane archeologa fissa il cielo. Poche ore prima, il Vaticano le ha ordinato d'interrompere gli scavi nelle catacombe di San Callisto, mettendo così fine alla sua carriera accademica. E adesso lei giace sull'asfalto, in una pozza di sangue. Tuttavia, nell'istante in cui l'aggressore le ha conficcato il pugnale nel petto, Elisabetta ha notato un dettaglio agghiacciante. Un dettaglio impossibile da dimenticare. Roma, oggi. Sconcertata, una suora studia i simboli astrologici tracciati sul muro. Ma quello non è il solo enigma custodito dall'antico colombario di San Callisto. Intorno a lei, infatti, ci sono decine di scheletri caratterizzati da un'anomalia inquietante: la stessa anomalia del sicario che, anni prima, aveva cercato di ucciderla. Decisa a far luce sul mistero, suor Elisabetta entra in possesso di un rarissimo esemplare del Dottor Faust di Marlowe e intuisce che quei versi sono il codice per svelare il cerchio diabolico che lega passato, presente e futuro. Perché il papa è morto, il conclave è alle porte e la profezia sta per compiersi?."
[Daniele, 21.03.2014]


I SIGNORI DELLE AUTOSTRADE


Dal sito dell'editore (www.mulino.it):
"L'analisi economica del settore riguardante le concessionarie di autostrade consente di valutare gli intrecci tra interessi statali e locali, tra interessi pubblici e privati ed i vari modi in cui i privati riescono ad accaparrarsi rendite a scapito della collettività. Avendo applicato per primo, dagli anni '20, l'istituto della concessione per lo sviluppo delle autostrade ed avendo privatizzato per primo la maggiore concessionaria di Stato, il nostro paese è, in questo senso, un eccellente caso di studio. Rivalutazioni monetarie, proroghe delle concessioni e regolazione delle tariffe possono generare alti profitti senza che l'opinione pubblica ne percepisca in nessun modo i costi. Questo volume, nell'illustrare le distorsioni del sistema e i privilegi delle concessionarie di autostrade in Italia, traccia una storia emblematica dei fallimenti dello Stato come regolatore di monopoli naturali. Oltre ad una critica radicale dei presupposti stessi del sistema concessorio, nella sua disamina l'autore avanza anche alcuni suggerimenti per una diversa politica del settore."
[Daniele, 21.02.2014]


IL LIBRO DELLE ANIME


Dal sito dell'editore (www.editricenord.it):
"«Il futuro dell'umanità è un segreto nascosto tra le pagine di un libro» È un libro, un semplice libro antico. Ma custodisce un segreto. Un segreto che è stato scritto col sangue nel 1297, da innumerevoli scrivani coi capelli rossi e con gli occhi verdi, forse toccati dalla grazia divina, forse messaggeri del diavolo. Che è riapparso nel 1334, in una lettera vergata da un abate ormai troppo anziano per sopportare il peso di quel mistero. Che, nel corso del XVI secolo, ha illuminato la strada di un teologo, i sogni di un visionario e le parole di un genio. È un libro, un semplice libro antico. Ma sta per scatenare l’inferno. Perché quel libro dovrebbe trovarsi nella Biblioteca dei Morti, la sconfinata raccolta di volumi in cui è riportata la data di nascita e di morte di tutti gli uomini vissuti dall’VIII secolo in poi. E, dopo essere rimasto sepolto sotto la polvere della Storia per oltre settecento anni, adesso è riemerso ed è diventato un’ossessione per Will Piper, deciso a cancellare il dolore che la Biblioteca ha portato nella sua vita; per Henry Spence, che ha dedicato la sua esistenza alla soluzione dell’enigma e che ormai ha i giorni contati; per Malcolm Frazier, il capo della sicurezza della Biblioteca, determinato a uccidere pur d’impedire al mondo di conoscere la verità. Un’ossessione che inevitabilmente porta altro dolore, altri enigmi, altro sangue. È un libro, un semplice libro antico. Ma è il Libro delle Anime. E il suo segreto è il nostro destino."
Il sequel de "La biblioteca dei morti", all'altezza del primo successo di Mr Cooper. Ancora una volta vicende lontane nel tempo che si intrecciano con grande maestria, ma, oltre ad un improbabile Will Piper con pannolini e canna da pesca, appaiono personaggi già resi celebri dalla storia. Troppe persone conoscono la data della propria e altrui morte e questo, inevitabilmente, cambia molte cose. Da leggere d'un fiato, per godere appieno di ritmo, suspence, colpi di scena, tensione, ma... solo dopo aver letto il primo episodio.
[Daniele, 18.02.2014]


L'IPOTESI DEL MALE


Dal sito dell'autore (www.donatocarrisi.it)
" «Hai mai desiderato scomparire?» C’è una sensazione che tutti, prima o poi, abbiamo provato nella nostra vita: il desiderio di sparire. Di fuggire da tutto. Di lasciarci ogni cosa alle spalle. Ma per alcuni non è solo un pensiero passeggero. Diviene un’ossessione che li divora e li inghiotte. Queste persone spariscono nel buio. Nessuno sa perché. Nessuno sa che fine fanno. E quasi tutti presto se ne dimenticano. Mila Vasquez invece è circondata dai loro sguardi. Ogni volta che mette piede nell’ufficio persone scomparse – il Limbo – centinaia di occhi la fissano dalle pareti della stanza dei passi perduti, ricoperte di fotografie. Per lei, è impossibile dimenticare chi è svanito nel nulla. Anche perché la poliziotta ha i segni del buio sulla propria pelle, come fiori rossi che hanno radici nella sua anima. Forse per questo, Mila è la migliore in ciò che fa: dare la caccia a quelli che il mondo ha scordato. Ma se d’improvviso gli scomparsi tornassero con intenzioni oscure? Come una risacca, il buio restituisce prima gli oggetti di un’esistenza passata. E poi le persone. Sembrano identici a prima, ma il male li ha cambiati. Alla domanda su chi li ha presi, se ne aggiungono altre. Dove sono stati tutto questo tempo? E perché sono tornati? Mila capisce che per fermare l’armata delle ombre non servono gli indizi, non bastano le indagini. Deve dare all’oscurità una forma, deve attribuirle un senso, deve formulare un’ipotesi convincente, solida, razionale… Un’ipotesi del male. Ma per verificarla non c’è che una soluzione: consegnarsi al buio."
Scorrevole nella lettura, incalzante, ricco di tensione. Meglio, ma non indispensabile, aver prima letto "Il Suggeritore" visti i continui accenni ai fatti avvenuti in questo precedente romanzo. Consigliato agli amanti del thriller un po' noir.
[Daniele, 29.01.2014]


LE PRIME LUCI DEL MATTINO


Dal sito dell'editore (librimondadori.it)
"Elena non è soddisfatta della sua vita. Il suo matrimonio si trascina stancamente, senza passione né curiosità. Suo marito è diventato ormai come un fratello. Lei ha sempre deciso in anticipo come doveva essere la sua vita: la scuola da fare, l'università, l'uomo da sposare... perfino il colore del divano. È diventata moglie prima di diventare donna. Finché un giorno sente che qualcosa inizia a scricchiolare. La passione e il desiderio si affacciano nella sua quotidianità, costringendola a mettersi in discussione. Elena si rende conto che un altro modo di vivere è possibile. Forse lei si merita di più, forse anche lei si merita la felicità. Basta solo trovare il coraggio di provare, di buttarsi, magari di sbagliare."
Povero Paolo... ma dopotutto sono cose che capitano spesso. Se vogliamo è anche comprensibile, soprattutto nella situazione di Elena. Simpatica l'immaginazione erotica dell'autore... in alcuni momenti pensavo fosse una donna a scrivere, tanto le sensazioni apparivano realmente vissute. Certo che la vita degli uomini mica è facile, per essere dei buoni fidanzati-compagni-mariti non basta essere se stessi, bisogna essere costantemente originali, divertenti e imprevedibili. Libro leggero, ricco di frasi ad effetto, da leggere.
[Daniele, 15.11.2013]


FUORI DA UN EVIDENTE DESTINO


Dal sito dell'autore (giorgiofaletti.it)
"Il passato è il posto più difficile a cui tornare. Jim Mackenzie, pilota di elicotteri per metà indiano, lo impara a sue spese quando si ritrova dopo parecchi anni nell’immobile città ai margini della riserva Navajo in cui ha trascorso l’adolescenza e da cui ha sempre desiderato fuggire con tutte le sue forze. Jim è costretto a districarsi fra conti in sospeso e parole mai dette, fra uomini e donne che credeva di aver dimenticato e presenze che sperava cancellate dal tempo. E soprattutto è costretto a confrontarsi con la persona che più ha sfuggito per tutta la vita: se stesso. Ma il coraggio antico degli avi è ancora vivo ed è un’eredità che non si può ignorare quando si percorre la stessa terra. Nel momento in cui una catena di innaturali omicidi sconvolgerà la sua esistenza e quella della tranquilla cittadina dell’Arizona, Jim si renderà conto che è impossibile negare la propria natura quando un passato scomodo e oscuro torna per esigere il suo tributo di sangue."
Non male l'idea di un collegamento tra pratiche magiche del passato e le conseguenze sul presente. In alcune parti ho avuto l'impressione che ci fosse qualcosa di strano nella sintassi delle frasi. La parte più divertente: seguire gli spostamenti dei personaggi su Google maps.
[Daniele, 10.11.2013]


IL SEGRETO DEL BOSCO VECCHIO


Il segreto del Bosco Vecchio era presente quest’anno nella lista di libri consigliati per le vacanze estive tra la prima e la seconda media - …ops, scusate, tra il primo e il secondo anno di “scuola secondaria di primo grado” – e, nonostante l’età, per soddisfare la fame di libri, lo divoro in un paio di sere. 11 – 12 anni è l’età giusta per immergersi in questo breve romanzo a metà tra il reale e il fantastico, dove i personaggi sono esseri umani, animali ed elementi naturali, che tra loro comunicano e si influenzano vicendevolmente. Non è proprio una fiaba, perché scritto in uno stile quasi giornalistico, e neppure trasgressivo, perché a suo tempo doveva convincere la censura fascista. Ci sono l’ex colonnello Sebastiano Procolo che ha ricevuto in eredità il Bosco Vecchio e lo vuole far fruttare, suo nipote Benvenuto a cui resta l’altra parte dei terreni del defunto (quella più produttiva) e deve risolvere una serie di problemi di salute, i “geni”, entità fantastiche che custodiscono il Bosco e con lui vivono in simbiosi, il vento Matteo che vuole dimostrare la sua forza. Tutti comunicano con tutti. Sebastiano, per avarizia ed egoismo, trascina se stesso nei peggiori pensieri per poi riscoprire il contatto con la natura, l’affetto per il nipote e la redenzione finale; Sebastiano lascia l’infanzia per affrontare il mondo degli adulti; i “geni” devono difendere il Bosco dai propositi distruttivi del colonnello che raggiunge un accordo con il vento Matteo, già occupato ad accettare l’avanzata di una lenta ma inesorabile debolezza. In questo confluire di interessi si intravede un’unica possibilità di sopravvivenza: il rispetto reciproco nella convivenza tra esseri umani e tra uomo e natura.
[Daniele, 04.10.2013]


E L'ECO RISPOSE


Abdullah e Pari sono fratello e sorella, vivono in Afghanistan. Non ci sono ancora venti di guerra, ma una profonda povertà. Vengono separati da bambini e tutto fa pensare, fin dalle prime pagine, che l’uno troverà il modo di ritrovare l’altra. È quasi così, ma le loro vite verranno talmente stravolte che a metà di “E l’eco rispose” crolla la certezza di questa intuizione. Arriviamo ai giorni nostri passando per Kabul, Parigi, Tinos in Grecia, e San Francisco: settant’anni di vita narrati a più voci che si intrecciano e completano il quadro. Alcune digressioni sfuggono ai miei tentavi di ricostruzione dei fatti, apparendo, seppur interessanti e cariche di emozione, squarci di racconto a sé. Traspare qui la volontà di Hosseini di descrivere il suo paese d’origine con gli occhi di chi si è costruito una vita all’estero e ritrovandolo, dopo la guerra, come “mille tragedie per chilometro quadrato”. Immagino che il titolo sia un tentativo di metaforizzare le implicazioni che ogni scelta che facciamo, rimbalzando nelle persone vicine o lontane che siano, tornano a noi sotto forme spesso impreviste. Rifletto su valori come dignità, amicizia, legami fraterni, voglia di riscatto, accettazione, vicendevole sostegno, importanza e senso della famiglia. La narrazione in effetti ruota attorno al valore della famiglia, alle relazioni tra genitori e figli, con un’attenzione particolare ai legami orizzontali - tra fratelli, cugini, cognati - e, in un crescendo di complessità ed emozioni, a quelli tra generazioni. Il libro non ha un vero e proprio lieto fine, ma neppure un brutto fine, non mi lascia con il sorriso e neppure amareggiato, direi, piuttosto, pensieroso. Durante la lettura rimpiango lo stile e la scorrevolezza de “Il cacciatore di acquiloni”, il primo best seller di Hosseini, ma a posteriori “E l’eco rispose” mi lascia il desiderio di vivere appieno la vita, consapevole che ogni persona che incontro merita il mio interesse, che i legami famigliari sono quanto di più importante abbiamo, che la vita è fatta di periodi, anche molto diversi tra loro, per circostanze che, indipendentemente dalle nostre scelte, possono mutare improvvisamente. Di ogni momento sarebbe bello poter riconoscere l’aspetto positivo per godere appieno di esso.
[Daniele, 18.09.2013]


L’ERETICO



Thriller storico e un po’ mistery di Carlo A. Martigli, L’eretico è un romanzo che consiglio agli amanti del genere e soprattutto a chi è appassionato di storia e a chi ama riflettere, dati i numerosi spunti. La vicenda di Ferruccio de Mola e dell’amata Leonora si svolge principalmente nell’Italia fiorentina di fine quattrocento, dove tornano con vitalità personaggi come Girolamo Savonarola, il papa Alessandro VI e i sui figli, Cesare e Lucrezia Borgia, Giovanni De’ Medici, figlio di Lorenzo, Leonardo, quello da Vinci. Martigli ci fa conoscere anche personaggi in parte frutto di fantasia ma con documentate caratteristiche di verosimiglianza: il monaco orientale Ada Ta e la sua allieva Gua Li, che portano a Roma un libro misterioso e potente, Osman il turco e il sultano Bayezid. La domanda di fondo, che permea tutto il resto è: chi era davvero Gesù, che ne è stato della sua vita tra i dodici e i trent’anni, possibile che nessuno se lo sia mai chiesto? E perché se qualcuno ha indagato è stato messo rapidamente a tacere? Forse conoscere la vera storia di Gesù potrebbe condurre ad una convergenza tra le più importanti religioni monoteistiche, qual era il sogno di Pico della Mirandola, ma in troppi desiderano che lo stato delle cose resti immutato.
Le prime cento pagine del romanzo sono difficili da leggere, soprattutto per chi, come me, non ama il linguaggio ricercato, che non scorre, che richiede spesso la rilettura di paragrafi interi, per chi non apprezza i flashback troppo lunghi e per chi non è particolarmente attratto dalla storia. Poi però la vicenda appassiona, congiure, delitti e vizi del tempo poco raccontati e i flashback sulla vita di Gesù stimolano la curiosità, tanto da condurre di volata alla fine del libro. E da farmi venire la voglia di rileggerlo. Inevitabile il confronto con Dan Brown. Non sono un esperto ma la ricerca storica qui mi pare un tantino più accurata… agli esperti la sentenza! Quindi il consiglio è di leggerlo perché è un bellissimo libro, e di tener duro all’inizio perché poi dà il meglio di sé.
L’eretico si presenta un grande libro sin dalla dedica iniziale: “A Walter, mio padre, che pregò Papa Giovanni Paolo II di modificare l’ultima frase del Padre Nostro perché non è Dio che induce in tentazione, ma il Male. E lui gli mandò la sua benedizione.
[Daniele, 27.06.2013]


LA BIBLIOTECA DEI MORTI


Per la seconda volta divoro un libro di Glenn Cooper in tempi record. Lo leggo su e-reader e poi lo acquisto anche in carta, perché merita un posto nella mia biblioteca diffusa (diffusa = sparsa per tutta la casa). È il tipo di scrittura che preferisco, fluida, veloce e volutamente semplice, anche se bisogna fare attenzione a non perdere il filo perché gli intrecci sono acuti e i capitoli conducono avanti e indietro nel tempo. La trama è studiata nei minimi particolari, e non potrebbe essere altrimenti visto che si accavallano tempi molto diversi tra loro: la seconda metà dell’ottavo secolo, il 1297, il 1947, il 2009. Ci sono il detective Will Piper e la sua giovane collega Nancy a caccia del serial killer Doomsday che invia alle sue vittime una cartolina per avvertirle del giorno in cui moriranno. Le indagini conducono i due a Las Vegas, da Mark, compagno di stanza di Will ai tempi del college e ora impiegato nella misteriosa Area 51, la segretissima base militare. Come può Mark conoscere con tale precisione il giorno in cui le vittime moriranno? Le analessi intramezzano la vicenda principale portandoci all’abazia di Vectis dove accade qualcosa di prodigioso e nefasto, scoperto solo alla fine del XX secolo e tenuto nascosto al mondo per le conseguenze che potrebbe avere. Il destino è scritto, nella Biblioteca dei Morti: un’idea geniale e inquietante per il romanzo d’esordio di Glenn. Se dovessi scrivere una storia mia, la vorrei proprio così: un puzzle thriller-action-fantastico-storico che appassiona e si ricompone solo alla fine. Sono pronto a leggere il resto della trilogia.
[Daniele, 11.05.2013]


IL CORPO UMANO


Dopo quattro anni da “La solitudine dei numeri primi” ecco “Il corpo umano”, un romanzo molto diverso per ambientazione e trama, ma molto simile per stile e capacità di creare contrasti psicologici. Afghanistan, forward operating base (fob) Ice, nel distretto del Gulistan. C’è solo polvere e c’è la guerra. Ci sono anche le truppe italiane che, da quanto racconta Giordano, si annoiano a morte. Per i giovani ragazzi del plotone, impegnati a risolvere intimamente situazioni che inevitabilmente li legano alla vita che hanno lasciato in Italia, inizia inaspettatamente la missione: scortare una colonna di camion dal punto A al punto B. Facile, penso, ma tutto sembra tranquillo fin quando non accade qualcosa, come un elastico di cui non si conosce la pericolosità finché non schizza o si rompe. Qualcuno verrà spedito a casa dopo la missione, altri non ci torneranno più.
Ne “Il corpo umano” Giordano ha scelto di infilarsi in conflitti familiari, sentimentali, esistenziali, caratterizzando bene i personaggi, ma percorrendo una vicenda che, probabilmente, non ha vissuto. Quindi romanzo carino e scorrevole, che si fa leggere in fretta, ma che lascia insoddisfatta l’aspettativa (creata da grande impegno di marketing) di leggere qualcosa di speciale.
[Daniele, 18.02.2013]


LA MANO DI FATIMA


All’inizio è incredulità. Impossibile che un solo libro a carta fina possa occupare un tale volume, che una sola persona possa scrivere una storia così lunga, che si possa arrivare a leggerlo fino alla fine. Per i primi due motivi l’incredulità resta, ma per il terzo, il segreto è iniziare: fatta la conoscenza di Hernando, la sua vicenda ti cattura e ti spinge fino all’ultima pagina.
È il 1568, Hernando ha quattordici anni e due occhi incredibilmente azzurri lasciatigli in eredità dal prete cristiano che, in un vile atto di brutalità, stuprò sua madre, una morisca di un villaggio delle Alpujarras, regno di Granada, Spagna. Le sue origini tengono Hernando sospeso tra due religioni e tra due culture, si sente musulmano ma lo sospettano cristiano, per questo lo chiamano “il Nazareno” e per questo la sua gente lo rifiuta. La ribellione dei moriscos, costretti alla conversione dai cristiani, è la sua occasione di riscatto. Coraggio e intraprendenza gli faranno conquistare sia la stima dei compagni che di potenti cristiani. Nell’inferno degli scontri inizia la lunga, appassionata e contrastata storia d’amore con Fatima, un continuo perdersi e ritrovarsi, anche quando si affacciano nella sua vita la giovane cattolica Isabel e la premurosa e materna Rafaela.
Azione ed emozione si combinano coprendo, in novecento pagine, quarant’anni di storia spagnola, dalla ribellione all’espulsione dei moriscos da parte del re cattolico Felipe III. Ripercorrere la storia, le abitudini e le caratteristiche dei due popoli rende lampante quanto dannose siano la lotta tra religioni e l’intolleranza che Hernando, il mezzosangue, cerca di superare con uno scaltro e complesso tentativo di avvicinamento.
Tenere il tomo in mano fa impressione, ma più impressionante è il meticoloso lavoro di ricerca storica che si percepisce in ogni pagina (i recensori affermano che Falcones ha impiegato tre anni per scriverlo) e l’abilità dello scrittore nel far interagire personaggi complessi e vicende coinvolgenti. Il lettore abituato a leggere tutto d’un fiato potrebbe trovare alcune parti ridondanti, chi, come me, riesce invece a leggere solo poche pagine al giorno, apprezzerà le ripetizioni che, al momento giusto, permettono di non perdere il filo della narrazione per eccesso di informazioni in un tempo di lettura troppo lungo. Fossi stato l’editore avrei proposto una divisione in tre parti, ma anche così ne consiglio la lettura.
[Daniele, 30.01.2013]


STARGIRL


Stargirl è un libro di letteratura per ragazzi che rimpiango di non aver letto da ragazzo, sono felice di aver letto da adulto e ho lasciato nel comodino di mia figlia con la speranza che si incuriosisca e possa coglierne il meglio.
Con un ritmo altalenante, una storia semplice e uno stile adatto ad un pubblico giovane, Spinelli dimostra che vale sempre la pena essere sé stessi, senza uniformarsi ai fragili preconcetti che stanno alla base del concetto di maggioranza.
Stargirl è il nome che Susan Caraway si è scelta, almeno per il momento. In fondo, sostiene, noi non siamo il nostro nome. Stargirl è la nuova arrivata in una qualunque scuola americana di periferia, dove conformarsi allo stile e alle abitudini degli altri studenti è una necessità imprescindibile per essere accettati. Ma Stargirl è diversa, ce lo racconta Leo Borlock, che si scopre perplesso e incuriosito da questa ragazza allegra e spensierata che veste in modo strano, gira con un topo in tasca, canta auguri di buon compleanno a sconosciuti suonando l’ukulele nella mensa scolastica e, cosa gravissima, applaude per la propria squadra e anche per quella degli avversari. Ma Stargirl non è né pazza né esibizionista, semplicemente ha il coraggio di essere sé stessa, un po’ strana e molto speciale. Questa sua stranezza non piace agli altri studenti che la sottopongono alla peggior tortura: l’esclusione. E, nonostante questo, Stargirl non cambia. Neppure Leo, pur provando per lei un sentimento particolare, riesce completamente ad accettarla. Sarà per lui che Stargirl proverà a cambiare diventando una Susan uniformata alla massa. Ma non funziona, la sua personalità è troppo forte. D’altra parte, chi ti ama davvero ti accetta per quel che sei.
Con semplicità l’autore affronta temi importanti quali l’accettazione della diversità, il coraggio di essere speciali e il coraggio di mostrare i propri sentimenti.
Un bel regalo per Natale.
[Daniele, 09.12.2012]


COSA TIENE ACCESE LE STELLE


«Staimo mejo quando staimo peso» (Stavamo meglio quando stavamo peggio) o «No gaveimo ninte ma jerimo contenti» (Non avevamo niente ma eravamo felici).
Chi non ha sentito almeno una volta qualche anziano del nostro paese dire queste frasi?
Ho attribuito queste considerazioni al fatto che la vita si è complicata, si sono aggiunti nuovi bisogni o semplicemente che quella era l’età della loro giovinezza. Mario Calabresi, in Cosa tiene accese le stelle mi dà un’ulteriore soluzione: quello era “il tempo in cui, pur facendo più fatica a vivere, c’era speranza nel futuro”.
Speranza, ecco la chiave. Quella mancanza che oggi toglie prospettive ai giovani, che ci ha convinto di vivere la stagione peggiore della nostra storia, che ci paralizza impedendoci di vedere le cose che funzionano e di riprodurre i passi dei tanti italiani che non hanno mai smesso di credere nel futuro.
Calabresi raccoglie la voce di scienziati, artisti, imprenditori, giornalisti e persone comuni che non hanno mai smesso di inseguire i propri sogni, frammenti di storia da cui si intuisce che, anche quando sembra che davanti ci sia il nulla, la strada esiste ed è possibile tracciarla con una costante forza di volontà e la disponibilità a cogliere la vita con positività.
Calabresi ci dimostra che non è vero che un tempo si stava meglio, nell’ultimo secolo il tenore di vita degli italiani è notevolmente migliorato grazie all’istruzione, ai passi da gigante in campo medico, ad una maggior disponibilità e attenzione su ciò che mangiamo, alla creazione di numerosi comfort, alla riduzione della violenza, all’allungamento della vita. Un tempo, però, c’era la certezza che il domani sarebbe stato migliore e che quindi, impegnandosi, anche la condizione propria e dei propri figli sarebbe stata migliore.
Nei 14 racconti non ci sono risposte utili a comprendere il pessimismo cronico che sta affossando il presente - quello lo capiremo, forse, solo tra quarant’anni - ci sono invece esempi utili a convincerci che il segreto per vivere meglio, con soddisfazione, sta dentro di noi, nella capacità di riconoscere ed inseguire un sogno. E in tutto questo ci sta pure che è un libro semplice e piacevole da leggere.
[Daniele, 14.11.2012]


GRACE LO DICE FORTE


Entro in libreria a Castelfranco, non devo acquistare niente, solo vedere. Ci sono un sacco di libri: autori famosi, autori sconosciuti, autori così così, polizieschi, thriller, storie d’amore… solite cose, non ho voglia di niente. Faccio per uscire, c’è una specie di soppalco, un po’ nascosto. Una copertina rosa-viola, una bambina che corre nel bagnasciuga, l’immagine è velata, sembra un sogno. Mi chiama? “Grace lo dice forte”, così forte che non resisto, scorro la coperta e lo acquisto. Leggo la sera a letto, come al solito. Spengo la luce ma mi ha acceso il pensiero, non mi lascia dormire. Ci ripenso anche di giorno. Ci sto male. Al terzo giorno decido di smettere, vado in spiaggia e lascio il libro a casa. Poi però penso che Grace mi sta raccontando la sua vita, che è difficile, ma che per lei è normale, sono gli altri che, nell’incomprensione e nell’ignoranza, agiscono scorrettamente. E io voglio capire, mi pongo la stessa domanda che la mamma rivolge alla sua bambina: «Oh, Grace. Che ne sarà di te?»
Riprendo il libro e procedo, poi capisco che per me è troppo e cambio strategia: lo leggo di giorno, a piccole dosi nei ritagli di tempo, distraendomi. Arrivo alla fine, si è aperta una ferita, di quelle che fanno crescere.
Siamo in Inghilterra, Grace narra la sua storia da quand’era bambina, negli anni ’50. In realtà non lo potrebbe fare perché è affetta da una sindrome spastica aggravata dalla poliomelite: il corpo è deforme, apprende troppo lentamente e si esprime a versi.
L’autrice perciò si immedesima in lei - che coraggio! - Attinge da un’esperienza molto vicina e adotta un espediente narrativo che pochi affronterebbero: il lettore sente con le orecchie di Grace, vede con i suoi occhi, entra nei suoi pensieri.
Grace lascia la famiglia, impotente di fronte alla malattia, ha undici anni e viene rinchiusa in un istituto psichiatrico, il Briar, dove dovrebbe ricevere cura e assistenza. Somiglia tanto a qualcosa che abbiamo già letto in questo sito, una prassi di quei tempi: esperimenti farmacologici, elettroshock, maltrattamenti, umiliazioni. Perdita della dignità umana. Un inferno di bambini danneggiati nel corpo e nella mente con l’unica colpa di essere diversi in una società che teme e ripugna ciò che non è considerato “normale”.
Scorriamo in un tunnel temporale lungo la vita di Grace, rimbalzando tra l’orrore del presente e la dolcezza dei ricordi. Per Grace, l’amore dei primi anni di vita è ancora possibile, anche se mamma e papà si vedono sempre più raramente, tristi, rassegnati e chiusi in un imbarazzato silenzio. C’è pure una nuova sorellina, Sarah.
Fortunatamente anche nel girone del Briar si accendono fiammelle di amicizia, solidarietà e persino d’amore. Daniel è senza braccia, è epilettico, è un sognatore che le regala un mondo di favole, sogni e speranza. Nasce quell’amore che l’aiuterà a risentirsi desiderabile e ad amare la vita, nonostante tutto.
Argomenti difficili, quindi, che coinvolgono Grace, la famiglia, le istituzioni. Una storia raccontata con il trasporto della prima persona narrante, con un forte realismo e il coraggio di attingere con umiltà dai propri ricordi consapevole che la vita di Grace ha molto da insegnare, come un messaggio che ricordo dal tempo dei lupetti: “essere diverso non vuol dire essere sbagliato”.
“Grace lo dice forte” è una lettura “difficile da dimenticare”, come scrive il Sunday Times, Grace “è un personaggio complesso e irresistibile”, come scrive The Independent. Io arrivo a pagina trecentosei emotivamente provato, per scoprire, dopo qualche giorno, che mi ha lasciato dentro una grande forza.
Grazie a Emma Henderson Grace ce l’ha fatta: non mormora più, l’ha detto forte!
[Daniele, 23.09.2012]


LA PITTRICE DI SHANGHAI


Pan Yuliang è un’artista cinese che ha sfidato la cultura del suo paese sostenuta da passione, volontà e desiderio di rompere gli schemi dell’elefantiaca tradizione pittorica cinese. Due anni, 1899 e 1977, che racchiudono la vita eccezionale di una ragazzina venduta ad un bordello, cresciuta ed addestrata per offrire agli uomini il piacere della sua compagnia. La sua liberà viene acquistata da un ufficiale benestante e la violenza e lo sfruttamento sessuale si trasformano finalmente in amore e rispetto. In questa nuova condizione, ancora giovanissima, scopre la passione per la pittura, e ci si butta con la determinazione che le permetterà di conquistare l’accesso alla scuola di Parigi. I suoi dipinti di modelle e modelli nudi in Europa ottengono il successo della critica ma violano le consuetudini culturali del suo paese. Questo è il problema, l’ostacolo e la causa principale di profondi conflitti. La sua caparbietà sarà la forza principale del suo successo.
Ecco, in estrema sintesi, la biografia di Pan Yuliang. Oggi il suo corpo si trova nel cimitero di Montparnasse, ma ha creato opere che possiamo ancora ammirare, ha ispirato un film cinese nel 1995 e il bellissimo romanzo “La pittrice di Shanghai” di Jennifer Cody Epstein nel 2008. Basandosi interamente sulla sua vita, con un ritmo incalzante e la forza del tempo presente per l’intera durata del libro, la scrittrice, combinando realtà e finzione, ci fa rivivere emozioni che sanno di impotenza, sudditanza, violenza, scontro, e poi amore, passione, caparbietà, successo, riscatto. Seguendo le vicende di una vita così intensa riviviamo la storia dall’altra parte del mondo, entriamo nella società cinese del passato, impariamo qualcosa di nuovo sull’arte, che al tutto fa da sfondo, onnipresente.

«Benchè con l'arte non ci si possa guadagnare da vivere, l'arte rende la vita degna di essere vissuta. Rende il morire di fame un'esperienza vitale. Trasforma in vita preoccupazioni, guai e un'esistenza priva di tutto. Dona vita alla vita.»
È una storia che insegna a non disperare mai e, soprattutto, a seguire con determinazione le proprie passioni.
[Daniele, 12.09.2012]


LA VOCE INVISIBILE DEL VENTO


Parla di sogni La voce invisibile del vento, non desideri, ma proprio i sogni che si fanno dormendo, che in qualche modo derivano dalla vita reale, da esperienze, conoscenze, o anche qualcosa visto di sfuggita che resta nel subconscio e viene rielaborato dal cervello.
Bello leggere di sogni prima di dormire: le ultime parole del racconto si mescolano con le prime del sogno! E quando ci si sveglia si pensa a cosa si è sognato…
Ma se il sogno fosse tanto profondo e lungo vivremmo una specie di vita parallela, dove le cose sono strane, come nei sogni, e, proprio come nei sogni, non riusciremmo a capire che stiamo sognando.
Succede a Julia, che soffre di stress, stanchezza e insonnia all’inizio di una vacanza a Las Marinas con suo marito Felix e il figlio di sei mesi, Tito. Hanno dimenticato il latte, così Julia esce in auto e, a seguito di un incidente, entra in una condizione di sonno profondo simile al coma. Confusa e disorientata, vivrà un’esperienza simile alla realtà ma popolata dai fantasmi del passato. Riuscirà a risvegliarsi, dimenticare il passato e cominciare una diversa esistenza con la sua nuova famiglia? Felix farà di tutto, coinvolgendo anche la suocera, Angelina, nel tentativo di stimolarla e farle capire che al di qua della barriera sogno – realtà c’è chi la aspetta.
Il punto di vista di Julia si alterna a quello di Felix durante l’intero romanzo offrendo al lettore la visione completa della storia e una profonda analisi della psicologia dei personaggi. Bello lo stile, semplice e veloce, bella la costruzione dei personaggi, un po’ meno bella la trama che ritengo un tantino scarsa rispetto alla mole del libro, ma d’altra parte descrivere i sogni è sempre un rischio che, tutto sommato, Clara affronta con indiscussa abilità. Il romanzo è un po’ lento all’inizio, ma prende velocità dopo le prime cento pagine, quindi, chi inizierà a leggerlo tenga duro!
[Daniele, 28.05.2012]


COPRIFUOCO CONIUGALE

Prendo in mano il libro, è piuttosto fino, ma la copertina è piacevolmente ruvida, la carta è bella, un po’ gialla, come piace a me. Leggo Coprifuoco Coniugale in pochissimi giorni, ovviamente mi immedesimo nel protagonista e con lui vivo inizialmente momenti di angoscia, poi subentra la rabbia: «Franco, caspita, cosa aspetti?»
Lo stile è un misto di apparente semplicità, ironia, comicità, talvolta, e drammaticità.
Franco si innamora, si lascia trasportare, scopre di essere incastrato in una relazione impossibile, non ha il coraggio di liberarsi, anche se ci sarebbero mille motivi per troncare. Carmen è patologicamente gelosa, tanto possessiva da rasentare una pazzia violenta e irrispettosa dei minimi rapporti umani. Per lei Franco rinuncia al mondo, accettando “il coprifuoco”. Per fortuna c’è il lavoro, e qualche momento di respiro rubato all’attenzione di Carmen. C’è una figlia di mezzo, che assiste impotente ai litigi unidirezionali. Franco non reagisce, quella è la sua forza. Ha senso continuare così? Capirà Franco che quel rapporto è impossibile? Riuscirà infine a liberarsi e ritornare ad una vita serena e appagante?
Il protagonista si muove tra luoghi e tempi diversi, anche se viene concesso poco spazio alla descrizione e all’azione. Più che altro ci sono spunti e stimoli a riflettere.
Siamo sicuri che la donna alla quale ci stiamo approcciando sia quella giusta? Siamo certi i piccoli difetti di cui ci accorgiamo si leniranno con il tempo? Come si può capire che è giunto il tempo di agire e dare una svolta alla vita?
D’Ancona ci porta in una piccola sfumatura dell’esistenza, una di quelle difficili realtà che ci sono spesso in un rapporto di coppia. Però qui ci sono prepotenza, violenza e una certa devianza psicologica che assumono una direzione inconsueta: da lei verso lui. Chi è in realtà più forte? Lei, violenta e possessiva, o lui, che subisce con ironico silenzio? D’istinto direi che non può esserci forza in un uomo così, penso “caspita, ma non ti accorgi che ti affossi sempre di più?” Capisco però che all’inizio Franco immagina una relazione che può funzionare, pensa siano solo momenti passeggeri, che le cose si sistemeranno. Quante volte la pensiamo così? Spesso in effetti funziona. Ma come capire di essere al “punto di non ritorno”? Lo capisco da fuori, leggendo la storia di un altro, ma viverla in prima persona è di sicuro un’altra cosa.
Il messaggio che ricavo è: "Se le cose vanno troppo male, nel dubbio, separatevi, prima che sia troppo tardi!"
[Daniele, 26.07.2012]



GALEOTTO FU IL COLLIER

Questa volta copio la descrizione da ibs.it:

«Lidio Cerevelli è figlio unico di madre vedova. Un bravo ragazzo, finché alla festa organizzata al Circolo della Vela non arriva Helga: bella, disinibita e abbastanza ubriaca. Lirica, la severa madre di Lidio, abile e ricca imprenditrice dell'edilizia, ha vedute molto diverse. Suo figlio deve trovare una moglie "made in Italy", una ragazza come si deve. Magari la nipote del professor Eugeo Cerretti, Eufemia, un ottimo partito con un piccolo difetto: è brutta da far venire il mal di pancia solo a guardarla. Ma forse Lidio ha trovato il modo per uscire dalla trappola e realizzare tutti i suoi sogni: durante un sopralluogo per un lavoro di ristrutturazione, in un muro maestro scova un gruzzolo di monete d'oro, nascosto chissà da chi e chissà quando. Intorno a questo quintetto e al tesoro di Lidio, un travolgente coro di comprimari. A cominciare dalle due donne più belle del paese: Olghina, giovane sposa del potente professor Cerretti, che fa innamorare Avano Degiurati, direttore della Banca del Mandamento; e Anita, la moglie del muratore Campesi, di cui si incapriccia Beppe Canizza, il focoso segretario della locale sezione del Partito. E poi l'Os de Mort, di professione "assistente contrario", cuochi e contrabbandieri, l'astuto prevosto e l'azzimato avvocato... Immancabili, a vigilare e indagare, i carabinieri guidati dal maresciallo Maccadò.»

Galeotto fu il collier è un libro leggero leggero, da acquistare per rilassarsi sotto l’ombrellone.
[Daniele, 10.05.2012 - modificato 28.05.2012]



FAI BEI SOGNI

Ormai è parecchio tempo che da Fazio seguo Massimo Gramellini, vicedirettore de “La Stampa”, uomo dalle spiccati doti dialettiche, circondato da un’aurea di ironia che lo rende ai miei occhi sorprendentemente affascinante. Peccato mi fosse sfuggito un “piccolo” particolare: è uno scrittore irresistibile. E per scrittore non mi riferisco ai suoi innumerevoli articoli, ma al suo ultimo libro che, in pole position sul mio Kindle, ho appena finito di leggere.
Fai bei sogni è un libro autobiografico, ricco di malessere, di sentimenti, di verità scomode e di struzzi che nascondono la testa sotto la sabbia. E’ la storia di un segreto, celato per quarant’anni, un segreto che inconsciamente custodisce un bambino dalla sua infanzia fino alla vita adulta. La storia di un bambino che si trova ad affrontare il dolore più grande, la morte prematura della madre, perdita che lo porterà ad una sofferenza che per decenni lo accompagnerà: il timore di vivere. Il padre, lo zio, gli amici di famiglia e gli amici veri che non riesce ad avere, le donne, le insicurezze, l’inadeguatezza ed il senso di abbandono sono le ombre che lo accompagnano in una vita solitaria, fino alla scoperta della verità, che lo porterà alla conquista dell’amore e a un’esistenza finalmente piena, autentica e consapevole.
Gramellini parla dunque della perdita della mamma, seguendo un percorso attraverso il quale il suo io cerca di superare i drammi dell’esistenza, e dedicando sicuramente queste pagine a chi nella vita ha perso qualcosa e, rifiutando di accettare la realtà, finisce per smarrire se stesso.
Sfido chiunque a non immedesimarsi nel racconto e a non trattenere qualche lacrima!

«Molto più importante di quello che sappiamo o non sappiamo è quello che non vogliamo sapere.» (Eric Hoffer)

[Loredana, 22.04.2012]



A VOLTE RITORNO

Che dire? All’inizio ho pensato che John Niven avesse scritto questo libro dopo avere ingurgitato una serie infinita di allucinogeni! In realtà lo penso ancora, ma dopo aver finito di leggere tutto il testo ho sicuramente capito cosa volesse dire Niven, pur sotto l’effetto di droghe…
Il libro ha una trama pazzesca, comincia con una bella inquadratura del paradiso, proprio un vero paradiso dantesco, dove Dio appena tornato da una settimana di vacanza passata a pescare (una settimana che però corrisponde a ben quattro secoli in tempi terrestri), fa una riunione con tanto di Santi e segretaria per farsi aggiornare sugli avvenimenti occorsi durante la sua assenza. E così scopre che dopo aver lasciato il genere umano durante il Rinascimento, quando andava tutto a gonfie vele e si scopriva un continente alla settimana, ritrova la terra in stati pietosi: il pianeta ridotto ad una discarica, pedofilia, genocidi, intolleranza, egoismo, razzismo e chi più ne ha più ne metta. Dopo un meeting capitanato da San Pietro, il Signore, incazzato nero, pensa che l’unica soluzione sia quella di rimandare Gesù Cristo sulla terra. L’idea non è ben accolta dal figlio, vista la fine fattagli fare l’ultima volta, ma accetta il destino e così, senza un soldo, si ritrova catapultato nel bel mezzo di New York tra drogati, barboni, reietti e senza tetto. Gesù non sa fare niente, tranne suonare la chitarra e, circondato da una cerchia di amici che definire emarginati dalla società è essere ottimisti, partecipa ad un talent show musicale alla X Factor. Un modo stravagante ma d’effetto per fare arrivare a tanta gente il messaggio di redenzione voluto da suo Padre: “fate i bravi”.
Il libro, carico di ironia all’ennesima potenza, è sicuramente un attacco diretto agli estremismi ed alle intolleranze religiose, mascherate dal perbenismo quotidiano. Certe scene sono cariche di raffinato umorismo che però, a mio avviso, troppe volte sfocia nel volgare. Troppe parolacce, troppe scene di Gesù ubriaco e sempre con “la canna” in bocca: una “moderazione” nella stesura del testo penso potesse far risultare la lettura molta piacevole anche ai più bigotti, veri destinatari di A volte ritorno.

«… Quando Lui s’è preso la seconda settimana di ferie, sulla Terra correva l’anno 1609 d.C., il culmine del Rinascimento, che Dio s’era goduto una cifra. Copernico, Michelangelo, Leonardo da Vinci. Ragazzi che pacchia! Quando se n’è andato, con la cassetta da pesca sottobraccio e il cappello da pescatore allegramente sulle ventitre, su un palco di Londra si recitava il Re Lear, mentre dall’altra parte della città Bacone lavorava al De Sapientia Veterum Liber. El Greco – la lingua premuta contro il labbro superiore per trovare la concentrazione, il pennello tremolante – stava dipingendo L’apertura del quinto sigillo. Galileo sbirciava in un prototipo di telescopio, lo sguardo che si posava per la prima volta sui quattro satelliti di Giove. Monteverdi aveva da poco finito di comporre l’Orfeo. Il momento ideale per andarsene a pescare, aveva pensato Dio. Al Suo ritorno dalle remote campagne del paradiso erano passati quasi quattrocento anni, Dio era fresco come una rosa e carico di trote. Sulla Terra correva l’anno 2011. Come sappiamo ne erano successe di cose in quei quattro secoli…»

[Loredana, 29.03.2012]



RACCONTI DI SAN SERVOLO - Vita e quotidianità in manicomio

Una mattina di qualche anno fa sono sceso dal battello al pontile dell’isola di San Servolo. Faceva caldo, un bel caldo primaverile, la brezza profumava di laguna, i raggi del sole rimbalzavano sull’acqua illuminando i grandi edifici bianchi a strapiombo. Un’enorme pianta di aloe contendeva il piacere di un “benvenuto” alla palma cresciuta poco distante. Sembrava un gioco di pietra e natura emerso dall’acqua per ammirare da un’angolazione privilegiata la laguna, l’incantevole bacino di piazza San Marco e il profilo dei palazzi veneziani.
L’intera isoletta, eccezionalmente recuperata dopo anni di abbandono e degrado, si preparava a diventare l’importante centro congressi che oggi ospita convegni, seminari ed eventi culturali. A restauro compiuto mi è stata offerta l’opportunità di visitare i palazzi, gli spazi polifunzionali, la sala multimediale, la mensa, i curatissimi giardini. Sono rimasto incantato nell’ammirare dalle finestre all’ultimo piano la città di Venezia, così vicina e allo stesso tempo così lontana. Ci separava una distesa d’acqua luccicante, da una parte la città brulicante di attività e turisti, dall’altra la splendida isola silenziosa, in mezzo l’acqua.
Un tempo l’acqua contava più di alte mura e inferiate per separare due realtà che non dovevano incontrarsi: la malattia mentale e la vita comune. San Servolo è stata infatti un manicomio per molto tempo. Non solo separazione tra manicomio e città, ma anche separazione tra ambienti: io passo da una stanza all’atra, attraverso corridoi, scendo e salgo scale, ma un tempo tutte le porte dovevano essere chiuse a chiave, i giardini erano recitanti. E ancora una netta separazione tra medici – la diagnosi e la cura – e i pazienti – la malattia. L’anello di congiunzione tra tutti questi elementi, coloro che potevano spostarsi da una riva all’altra, che, seppur con cautela, potevano andare da un reparto all’altro, quelli che interagivano sia con i medici che con i pazienti, offrendo il lato umano nella vita quotidiana, erano gli infermieri dell’ospedale psichiatrico.
Sono proprio gli infermieri, oggi, la fonte primaria del libro Racconti di San Servolo – Vita e quotidianità in manicomio, la memoria viva di attori e protagonisti cercata dalla professoressa Cristina Lonardi e dal professor Mauro Niero con l’obiettivo di recuperarla prima che vada perduta. Una dettagliata introduzione presenta il carattere scientifico dell’analisi sociologica e i suoi obiettivi: il recupero della memoria, la comprensione della psichiatria manicomiale, i motivi della sua esistenza e le ragioni per il suo superamento che ci aiutano a comprendere la realtà di oggi del mondo dei servizi sociali e sanitari.
I racconti degli ex infermieri, riportati fedelmente ed organizzati per argomenti, si susseguono dal primo giorno di lavoro all’ultimo per tutti, con la chiusura definitiva dei manicomi e la trasformazione dei metodi di cura della malattia mentale nel 1978, dopo oltre 160’anni di esistenza del manicomio di San Servolo, grazie alla legge 180 promossa da Franco Basaglia. Nei racconti scopro il cinismo dei medici, l’inadeguatezza dei metodi, che portano il “malato”, che a volte poteva essere anche semplicemente una donna in depressione post partum o una persona traumatizzata dopo un incidente, alla perdita dell’intimità, della privacy, della facoltà di decisione e controllo, del diritto di essere informati in un ambiente fortemente gerarchico e coercitivo. Scopro le paure degli infermieri, le dure condizioni di lavoro, a volte la mancanza di preparazione di fronte a casi così diversi e imprevedibili, ma anche una profonda umanità, responsabilità e la soddisfazione di sentirsi utili.
Leggo nel libro alcuni racconti che ho già sentito più volte dalla voce di una persona che conosco bene, uno degli intervistati. Credo di capirlo di più, ora che ho appreso il contesto e il contributo di altre voci. Capisco perché è stata un’esperienza che non può dimenticare, e capisco perché altri suoi ex colleghi si sono rifiutati di raccontare, io credo per la paura di ricordare.

«… la prima cosa che mi ha impressionato erano le porte che si chiudevano dietro di me. Io non avevo le chiavi ovviamente perché ero appena entrato […] la prima cosa che mi ha spaventato era questa chiusura delle porte dietro di me e l’angoscia di non poter scappare e di non poter uscire […] e dopo tutti i personaggi strani che ho incontrato all’interno…»

Dopo aver letto pagine cariche di spunti di riflessione, nelle quali il racconto personale della realtà supporta l’analisi scientifica, mi immagino l’infermiere degli anni ’70 che esce dopo un lungo turno di lavoro, inspira a pieni polmoni l’aria pulita, ammira l’ampia distesa d’acqua e prende il battello per tornare a casa, dalla sua famiglia ignara di quel mondo così strano e lontano.
Una piccola, drammatica nicchia del nostro passato, da leggere per il piacere di saperne di più.
[Daniele, 16.03.2012]



LA CAPANNA DELLO ZIO TOM

La capanna dello zio Tom arriva nelle mie mani per caso: l’hanno regalato a mia figlia, che ha dieci anni. Nella prima pagina, sotto il titolo, in una calligrafia che ben conosco c’è una dedica per lei: “Per incominciare a conoscere l’uomo”. Vista la mole dell’edizione integrale e la mancanza di illustrazioni lei ha deciso di affrontarlo tra qualche anno, e penso abbia fatto bene perché troppo spesso conoscere l’uomo non è una bella esperienza. Lo farà più avanti, quando il tempo dei giochi e dell’apprendimento nozionistico lascerà spazio alla riflessione. È una lettura che mancava alla mia gioventù e così, per curiosità, ho iniziato a leggerlo io, nonostante sia un’edizione BURragazzi.
Mi colpisce la copertina, che è stranamente ruvida, ma ancor di più mi colpisce ciò che racconta. Si parla di schiavi e padroni in un’epoca in cui negli Stati Uniti si rafforzano i dubbi sulla legittimità di una pratica tanto diffusa quanto inumana. Conosco lo zio Tom nella sua capanna, con la moglie e i bambini, come una normalissima famiglia. Scopro però che lo zio Tom è proprietà di una famiglia di bianchi. Lo trattano bene, gli dimostrano affetto e considerazione, ma è pur sempre una merce e come tale, all’occorrenza, può essere venduto. Diventerà proprietà di altri bianchi, riuscendo ad ottenere rispetto e simpatia, quasi l’emancipazione ad uomo libero, per un pelo, ma alla fine sarà vittima di profonda crudeltà e violenza. Verrà spostato dal Kentucky alla Louisiana, finendo in una piantagione di cotone sul Red River. Lì conoscerà il massimo dell’abominio, la violenza di un essere che calpesterà anche la base della sua natura umana. Solo la fede, l’aspettativa del giudizio finale e la convinzione di una vita dopo la morte potranno rendergli sopportabile tutto ciò e preservare il suo essere uomo. Alle sue vicende si intrecciano molti altri personaggi, in particolare George ed Eliza, con il loro figlioletto, braccati in una rocambolesca fuga verso il Canada, dove sperano di realizzare il loro sogno di vivere assieme e liberi.
Scopro che le sofferenze fisiche e morali personali, imposte dagli schiavisti, sono nulla rispetto allo straziante smembramento delle famiglie. Mariti separati dalle mogli, figli strappati alle madri e venduti improvvisamente, l’impossibilità di potersi ribellare e di immaginare un qualsiasi futuro. Potranno le capacità, la natura mite di Tom e la sua profonda fede ricongiungerlo alla sua famiglia e, magari, renderlo libero? Riusciranno Eliza e George a raggiungere il Canada senza essere acchiappati dai loro inseguitori? Queste le domande che ci si pone fin dall’inizio del romanzo, ma pagina dopo pagina sopraggiungono quesiti molto più profondi, contestualizzati all’epoca storica: è possibile considerare degli esseri umani merce e non persone? È possibile immaginare una società senza schiavi?
L’autrice, l’americana antischiavista Harriet Beecher Stowe, pubblicò inizialmente, tra il 1851 e il 1852, “Uncle Tom's Cabin or Life Among the Lowly simply” a puntate sul “National Era”. Era da poco stato pubblicato un atto legislativo che decretava l’obbligo di denuncia degli schiavi fuggiti e la restituzione ai proprietari. L’atto tendeva a rafforzare la natura merceologica dello schiavo e il testo della Stowe, apertamente sostenitore della causa abolizionista, fu accolto con trepidazione, polemiche e accuse di falsità. Nove anni dopo cominciò la Guerra Civile che portò all’abolizione della schiavitù. Polemiche successive hanno inoltre accusato l’autrice di aver contribuito alla creazione di stereotipi sui neri. In parte potrebbe essere vero, ma credo che un testo così vada letto e interpretato tenendo conto del contesto storico e sociale.
La capanna dello zio Tom è stata una piacevole sorpresa e un valido arricchimento culturale, tenuto conto anche che, per diversi motivi, mi è capitato in più occasioni di approfondire il tema della schiavitù e, in particolare, il confronto tra la schiavitù com’è intesa storicamente e la schiavitù nelle sue nuove forme. Con questo libro trovo quindi una nuova tessera del “puzzle - schiavitù” da elaborare nella mente e, mentre lo faccio, leggo nell’interessante postfazione di Antonio Faeti: “Quando Harriet Beecher Stowe morì, il primo luglio del 1869, dopo aver scritto molti altri libri appassionati e civili, tutto poteva immaginarsi, ma non che cent’anni dopo ci sarebbero stati ancora schiavi, a fuggire, a patire, a morire come nel suo romanzo più noto”.
[Daniele, 08.03.2012]



IL QUINTO GIORNO

Senza che il mondo ne sapesse nulla, quel mercoledì si compì il destino di Juan Narciso Ucanan. Così si apre Il quinto giorno, romanzo che ha portato Frank Schatzing alla ribalta sulla scena mondiale. E l’ha fatto con prepotenza: 2.500.000 lettori nel mondo si sono cimentati nell’esplorazione delle oltre mille vibranti pagine che compongono quello che è stato definito il “thriller degli oceani”.
Ho utilizzato il termine esplorazione non a caso, poiché esplorare, indagare è proprio l’atto cui l’autore ci induce. Ma esplorare che cosa? Le profondità degli oceani che abitano il globo terracqueo insieme alle sue incredibili creature, certo, ma non solo. L’oggetto di indagine sono soprattutto l’animo umano e la percezione che la specie umana ha di sé e dell’ambiente in cui vive e che crede di dominare: il pianeta Terra.
“Nelle profondità del mare è cominciata la caccia al più pericoloso essere vivente mai apparso sulla Terra: l’uomo” leggiamo nel retro di copertina del romanzo. Nulla di più vero: un perfetto condensato della battaglia planetaria (ma soprattutto interiore) che seguiremo tra le righe sapientemente offerteci da Schatzing.
I personaggi vengono caratterizzati in maniera così accattivante, talmente bene vengono descritti i loro moti interiori, le emozioni e la lente attraverso cui guardano i fatti del mondo che il lettore, fin dalle prime pagine, non può far altro che scoprirsi coinvolto in quelle vicende e veder riflesse nei protagonisti del romanzo parti intime e importanti di sé.
In un’epoca in cui gli elementi della Natura si ribellano alla follia dell’unico essere della creazione dotato di libero arbitrio, l’uomo, la stesura magistrale di un romanzo che ci invita a riflettere sul nostro posto nel mondo e sulla ricaduta delle nostre scelte sul pianeta rappresenta non solo una prova di grande competenza letteraria ma anche un doveroso e dovuto atto morale.
Come se tutti questi ingredienti non bastassero a fare di questo romanzo un gran romanzo, c’è ancora un elemento decisivo da segnalare. Nell’intreccio dell’opera, infatti, l’autore tedesco dosa così sapientemente dati scientifici attualissimi legati alla geologia, alla biologia marina, all’ecologia e simili, da indurci in alcuni momenti a non sapere più se alcuni fatti tristemente reali, come lo spiaggiamento delle balene e il rischio di estinzione dei leoni, catturino la nostra attenzione grazie all’azione dei media o perché letti, magari la sera precedente, tra le pagine di Schatzing.
Insomma, è un romanzo, Il Quinto giorno, che scardina duramente – e a ragion veduta, aggiungerei - la nostra ipocrita e gretta visione del mondo. In fondo, non sappiamo proprio nulla di ciò che avvenne il quinto giorno della creazione.
E se, riemergendo dagli abissi marini, aveste ancora un po’ di energia e coraggio per seguire Schatzing nello spazio... allora leggete Limit, lanciando così il vostro pensiero in una dimensione immaginativa che di limiti ne ha davvero pochi.
[Barbara, 04.03.2012]



LA FARFALLA TATUATA

Ho deciso di iniziare questo libro dopo avere letto una recensione, chi l’aveva scritta diceva di aver pianto fino a singhiozzare. Indubbiamente ho trovato il libro toccante ed avvincente, certo piangerci sopra mi sembra un po’ eccessivo, eppure vi assicuro che mi commuovo anche troppo facilmente. Forse il lettore era un adolescente, a mio avviso questo è il target adatto al libro, e d’altronde sappiamo che Salani, come casa editrice e con particolari collane, ha il grosso merito di far leggere anche i bambini che non leggono e far leggere gli adulti che non leggono i libri dei bambini. Detto ciò passiamo all’autore, Philip Pullman, ben noto al pubblico soprattutto per aver scritto la trilogia “Queste oscure materie”, di cui è famosissimo il primo episodio La bussola d’oro.
Ne La farfalla tatuata cambia del tutto genere, e con uno stile semplice e lineare ambienta questo romanzo, possiamo dire d’amore, in una Oxford fuori dagli soliti schemi: una cittadina inglese non più solo fulcro di cultura ma abitata da comuni mortali con problemi ed esigenze degne della classica realtà quotidiana.
Chris, studente diciassettenne, trova un lavoro durante le vacanze estive in una ditta che organizza allestimenti, feste ed eventi. Durante una di queste feste universitarie conosce Jenny, ragazza celestiale e dall’oscuro passato che vive con due amici in una casa occupata. Dopo averla salvata e persa allo stesso momento, e dopo essersene innamorato perdutamente, la ritrova casualmente: da quel momento tra Chris e Jenny nasce una passionale ed intensa storia d’amore.
Le bugie, i sentimenti e le cose non dette vengono scoperte dai protagonisti solo alla fine del libro, un libro pieno di profondi turbamenti, di amore, di odio, di insicurezza e di contrastanti sentimenti.
“Chris sapeva benissimo che Jenny non gli stava dicendo tutta la verità. Lei era molto più complicata di così, e di sicuro non era ingenua come voleva far credere. Tuttavia non mise in dubbio il suo racconto; qualunque cosa dicesse era meglio della verità, visto che lo diceva lei. Non aveva mai incontrato una ragazza sia pure lontanamente simile a Jenny. Il suo viso sprizzava quella vulnerabilità innocente e spaventata che Chris aveva visto quella notte in riva al lago, e l’ossatura apparentemente fragile, le braccia e le mani esili gli facevano provare il desiderio di proteggerla come fosse una bambina. Accanto a lei, Chris era consapevole delle proprie dimensioni, dei propri muscoli e della propria goffaggine. E al contempo, la voce di Jenny e il modo in cui parlava gli parevano l’opposto dell’innocenza.”
[Loredana, 28.02.2012]



CON UN POCO DI ZUCCHERO

Da vera amante e sostenitrice del “cartaceo” ho lottato contro l’avvicinarsi dell’era Kindle, ma quando ho compiuto gli anni mio marito mi ha regalato il famoso eBook, ormai inseparabile eBook. Certo non sento più il profumo della carta, non vedo i colori, non tocco la carta ruvida liscia sottile corposa e deliziosa, non riconosco al primo colpo un libro già letto se entro in una libreria, però ho a portata di mano un sacco di libri dovunque sono e ovunque vado! E comunque i libri “veri” non smetto sicuramente di leggerli! Bando alle ciance volevo parlarvi di Enzo Fileno Carabba: per me un autore appena scoperto ma sicuramente da mettere in cima alla lista! Fantasioso al punto giusto, ricco di una sottile ironia, bravo nello scrivere e nell’attirare l’attenzione del lettore, in questo caso lettore di Kindle. Con un poco di zucchero è un delizioso romanzo che parla di due vecchie e nobili signore, Giulia e Camilla, che da anni condividono una vita di volontaria reclusione in un lussuoso appartamento nel centro di Firenze. L’unico ad avere accesso alla loro fortezza il rosticciere di fiducia, Emiliano, un vero orco in carne ed ossa che le rifornisce del peggiore cibo presente sul mercato, facendoselo però pagare a peso d’oro. Giulia e Camilla, nauseate dalle nuove generazioni, si concedono solo la compagnia dei loro cari, insaziabili pesci della taiga che spesso assumono le sembianze dei loro affetti ormai passati a miglior vita. Un episodio però costringe le stravaganti vecchiette ad uscire nel mondo reale e tra imprevisti, insicurezze, casi fortuiti ed episodi surreali, vengono scaraventate dal passato al presente durante una memorabile esondazione dell’Arno. Ricordatevi di leggerlo, è troppo divertente!
[Loredana, 22.02.2012]



IL LINGUAGGIO SEGRETO DEI FIORI

«Leggi un libro da donne?» chiede Marco quando gli parlo de “Il linguaggio segreto dei fiori”. «Non è un libro DA donne - gli rispondo – è un libro DI donne.»
La protagonista, Victoria, e quasi tutti i personaggi nella narrazione sono donne: Meredith, l’assistente sociale, Elizabeth, la sua unica vera madre, e poi Renata, mamma Ruby, Catherine, Marlena, Natalya… c’è un’unica figura maschile in questa storia, Grant, enigmatico, misterioso, premuroso, passionale. E fiori in ogni pagina.
I fiori e il significato di ciascuno di loro incorniciano una storia che tocca il delicato tema dell’affidamento minorile, una storia di abbandono, rinascita, felicità, scoperta di un’inaspettata forza di rialzarsi e andare avanti.
Il mio cinico approccio maschile ha sempre catalogato i fiori recisi come fasci colorati già morti, destinati soltanto ad appassire, ma salvifici in molte occasioni. Comprendo invece che i fiori sono un regalo della natura che ci da la possibilità di emozionare, trasmettere sensazioni e comunicare, tanto che ad ogni singolo fiore c’è chi ha attribuito un significato. E Vanessa Diffenbaugh, dopo accurate ricerche, ci ripropone alla fine il Dizionario dei fiori, per poterlo usare a nostra volta. In realtà ho acquistato questo libro per regalarlo, ma alla fine l’ho letto prima io. E ho fatto bene. È una scrittura semplice, equilibrata, interessante, piacevole da leggere. Uno dei pochissimi libri sui quali ho lasciato delle pieghe. Nella mia copia (ormai è diventata mia!) lascerò quelle pieghe. Mi sono servite per potere rileggere i tratti più belli, in particolare, circa a due terzi, quello in cui si racconta la maternità con un’intensità fenomenale. Insomma un libro che consiglierei.
In sintesi, Garzanti scrive: “Victoria ha paura del contatto fisico[…], delle parole, […] di amare e lasciarsi amare. C'è solo un posto in cui tutte le sue paure sfumano nel silenzio e nella pace: è il suo giardino segreto nel parco pubblico di Potrero Hill, a San Francisco. I fiori […] sono la sua casa, il suo rifugio, la sua voce. È attraverso il loro linguaggio che Victoria comunica le sue emozioni più profonde. La lavanda per la diffidenza, il cardo per la misantropia, la rosa bianca per la solitudine. Perché Victoria non ha avuto una vita facile. Abbandonata in culla, ha passato l'infanzia saltando da una famiglia adottiva a un'altra. Fino all'incontro, drammatico e sconvolgente, con Elizabeth, l'unica vera madre che abbia mai avuto, la donna che le ha insegnato il linguaggio segreto dei fiori. E adesso, è proprio grazie a questo magico dono che Victoria ha preso in mano la sua vita: ha diciotto anni ormai, e lavora come fioraia. I suoi fiori sono tra i più richiesti della città, regalano la felicità e curano l'anima. Ma Victoria non ha ancora trovato il fiore in grado di rimarginare la sua ferita. Perché il suo cuore si porta dietro una colpa segreta. L'unico in grado di estirparla è un ragazzo misterioso che sembra sapere tutto di lei. Solo lui può levare quel peso dal cuore di Victoria, come spine strappate a uno stelo. Solo lui può prendersi cura delle sue radici invisibili. Solo così il cuore più acerbo della rosa bianca può diventare rosso di passione.”
In sintesi io scrivo: “Da leggere.”
[Daniele, 06.01.2012]



A. L'ALFABETISTA

"Nella gelida Finlandia omicidi e delitti efferati sono quantomeno inusuali. Una donna è morta nel parco di Forshälla, è stata denudata, le sono stati strappati gli occhi e le è stata incisa sulla pancia la lettera A. Sembra un caso isolato e piuttosto semplice per l’ispettore Lindmark, dopo la confessione del fidanzato della donna. Altri corpi però vengono scoperti successivamente, senza occhi e con una lettera incisa sulla pancia. Cosa significa? Siamo di fronte ad un serial killer che non può essere scovato se non immedesimandosi nei suoi panni, lasciandosi guidare dalle stesse perversioni per poterne tracciare un profilo.
Questo primo libro della trilogia di Petterson l’ho iniziato tre volte, per finirlo infine con buona dose di volontà. Il primi lunghi capitoli, con uno stile freddo e distaccato, seguono lo svolgersi delle indagini dall’interno, tra ipotesi e false piste. Per fortuna la narrazione intervalla qualche spunto del killer e il punto di vista delle vittime a quello dell’ispettore. Riconosciuta la falsa pista, il campo si amplia: sarà un fanatico religioso? O un maniaco sessuale? Magari si tratta di un omosessuale represso. Questa lenta ricostruzione dei fatti è estenuante, gradita sicuramente da chi apprezza quelle, a mio parere noiosissime, indagini giornalistiche su crimini irrisolti. È quando ci si allontana dalla stazione di polizia che vicende oscure, che potrebbero essere reali e molto vicine a tutti noi, ci impongono immagini orrende e stati d’animo angosciosi. Ecco perché il libro non mi è piaciuto: a tratti è noioso, ma spesso coinvolge con pillole di ansia e rabbia che restano in circolo a lungo.
[Daniele, 13.12.2011]



IL PROFUMO DELLE FOGLIE DI LIMONE

Profumo di foglie di limoni non ne ho sentito neanche un po’, non ho sentito il calore della luminosa Costa Blanca né la meravigliosa cornice di Villa Sol. Un titolo attraente dunque, ma che non rende merito al contenuto e al titolo scelto dalla scrittrice, Clara Sànchez: “Lo que esconde tu nombre”, quello che il tuo nome nasconde, che suona oscuro, misterioso e minaccioso, proprio come la trama del libro.
Sandra, trentenne, incinta e in crisi esistenziale si affaccia, inconsapevolmente, in un intreccio di sgradevoli, spesso terribili ricordi e ne viene risucchiata. Cosa si nasconde dietro la facciata dei due sereni vecchietti che si crogiolano al sole delle coste spagnole? Apparentemente niente, fino a quando Sandra conosce Juliàn, un uomo che potrebbe essere suo nonno, sfuggito alla morte nel campo di Mauthausen. Julian le apre gli occhi, la rende consapevole della vera identità dei coniugi Christensen e della confraternita di criminali nazisti che si nasconde in quei luoghi, tanto belli quanto sono brutte le immagini che arrivano da un passato di oltre sessant’anni. Julian non può, non vuole dimenticare e l’unico scopo della vita che gli è stata restituita è ormai compiere una giusta vendetta, prima che il tempo conceda a quei vecchi una morte serena. Sandra conoscerà da lui atrocità di un passato così lontano da sembrare irreale e deciderà che aiutare Julian è un dovere, per se stessa e per l’umanità.
La scrittrice si inerpica in questa storia così delicata ponendo un’estrema cura nella descrizione dei personaggi: sensazioni, convinzioni, abitudini di vita così distanti per età, esperienza e cultura si alternano svelando l’intera vicenda.
L’apprezzamento dei lettori spagnoli ha portato il libro, uscito in sordina, in cima alle classifiche dei più venduti e all’aggiudicazione del prestigioso premio Nadal. All’autrice, per aver riportato alla luce vicende offuscate dal passare del tempo, assieme al successo sono arrivate le minacce di gruppi neonazisti. A me è piaciuta questa intersezione di storia e modernità e la descrizione di quella che può essere la vita di una trentenne incerta sul proprio futuro, quella di un anziano sopravvissuto al campo di concentramento, quella di ex nazisti che hanno creato in sé una giustificazione per le loro azioni. Spicca l’idea che niente può cancellare i ricordi, le azioni compiute e, soprattutto, quelle subite. Ciò che sporca le coscienze prima o poi riaffiora, con conseguenze insospettabili, proprio quando il tempo e l’illusione di un mondo ideale indeboliscono le difese.
[Daniele, 24.09.2011]



UNA VIRTÙ VACILLANTE

"La vita umana è breve, ma io vorrei vivere per sempre”: con queste parole Mishima Yukio - pseudonimo di Kimitake Iraoka – firma il biglietto di addio prima del suo seppuku, il suicidio rituale giapponese, avvenuto il 25 novembre 1970 quando, in diretta televisiva, mette fine alla propria vita ed al proprio selettivo percorso letterario all’età di soli quarantacinque anni.
Una virtù vacillante, opera inizialmente pubblicata a puntate nel 1957, fu un libro di grande successo, che vide Mishima acclamato all’estero più che in Giappone, dove invece venne ripetutamente stroncato dalla critica.
La storia ha come protagonista Setsuko, bella e giovane donna che, annoiata dalla piatta vita matrimoniale, si ritrova in un vortice amoroso che la porta tra le braccia di un affascinante amante e che le fa perdere ogni sorta di pudore e moralità.
Nonostante abbia un debole per la letteratura giapponese devo ammettere di non essere stata particolarmente colpita da questo libro. L’ho trovato in alcuni passaggi un po’ paranoico e piatto, e comunque le considerazioni di Mishima sui pensieri femminili sono a mio avviso troppo inquadrati in canoni e schemi ben definiti, nonostante la stesura del libro mi rendo conto risalga agli anni ’50. Forse, vista la complessità dell’autore, è meglio che io provi con un’altra sua opera e ho già deciso quale: Cavalli in fuga (più di recente pubblicato con il titolo A briglia sciolta), che fa parte della quadrilogia Il mare della fertilità, ossia l’ opera più matura e ambiziosa di Mishima Yukio.
[Loredana, 08.07.2011]



GUIDA GALATTICA PER GLI AUTOSTOPPISTI

Ma quanto fuori è questo Douglas Adams? Ho dovuto rileggere la prima parte del libro più volte perché non ci capivo niente. In realtà poi, andando avanti con la lettura, sono arrivata alla conclusione che non ero io a non capirci niente, ma era la struttura del libro ad essere così incasinata da non far trovare un filo logico da seguire. Ma un filo logico c’è, il discorso è che questo Adams ha così tanta fantasia che fai fatica a starci dietro! E io che pensavo che Ammaniti fosse il re dell’immaginazione e dei fuori di testa! Beh per me resta il “folle” per eccellenza, ma Adams lo segue a ruota….. Comunque, tornando alla Guida galattica, si tratta delle avventure di Arthur Dent, unico superstite dell’ormai scomparso pianeta Terra che, insieme all’alieno Ford Perfect, gira tutta la galassia in veste di surreale e irriverente viaggiatore. A questo libro ne seguono altri della stessa saga: mi toccherà proprio leggerli! Concludendo volevo citarvi solo qualche riga da pagina 39:
< Come indubbiamente già sapete, i piani per lo sviluppo delle zone più remote della Galassia richiedono la costruzione di un’autostrada iperspaziale che attraversi il vostro sistema solare, e purtroppo il vostro pianeta è uno di quelli che è necessario demolire. Il procedimento durerà poco meno di due dei vostri minuti terrestri. Grazie. >
Vi pare che non potevo restare affascinata da tanta inventiva, considerando il fatto che lavoro nel mondo delle autostrade?
[Loredana, 05.05.2011]




“Un’ultima cosa: non una parola.” Il suo sguardo era duro.
“Io ho la bocca murata.” Dall’angolo dell’occhio le scivolò una lagrima.
“La bocca murata… Lo diceva nostra madre…”
E le passò il dito sulla guancia.

E a questo punto anche a me si sono inumiditi gli occhi: questa è la Simonetta Agnello Hornby che mi piace! Delusa dal suo ultimo libro, La monaca, sono andata a “scavare nel torbido”, in effetti mi mancava da leggere solo Boccamurata tra le opere che ha pubblicato. Così l’ho comprato e ho fatto bene: si resta sempre soddisfatti, con quel sorrisino da ebeti sulle labbra quando si chiude un bel libro dopo averne letto l’ultima pagina. Boccamurata lo considererei l’ultimo della “siculo-trilogia”, insieme a La Mennulara (il suo primo romanzo edito nel 2002) e La zia Marchesa (del 2004). La storia si sviluppa in quella Sicilia che purtroppo cambia, inevitabilmente, ed ha come protagonisti la famiglia di Tito, ultrasessantenne e padrone di un pastificio di successo, passato di generazione in generazione dal nonno, al padre Gaspare, a lui ed ora ai suoi stessi figli. Tito, cresciuto senza madre, allevato dal padre e dalla sorella di lui, Rachele, si accorge che con la vecchiaia la zia comincia a confondere i ricordi, facendo affiorare segreti da sempre celati e racconti di memorie di vita di più di mezzo secolo. A dare una scossa alla famiglia patriarcale è l’arrivo della bella Irina e di Dante, figlio di una ex compagna di collegio di zia Rachele. Le invidie tra i figli di Tito, le ansie per i nipoti, gli scontri inevitabili, le ripicche, i colpi di scena, i sentimenti innominabili e quelli ormai sopiti fanno di questo libro un’irresistibile saga.
[Loredana, 22.03.2011]



LA MAPPA DEL DESTINO

Un poco thriller, un poco fantasy, un susseguirsi di flashback nel passato che spiegano e integrano lo scorrere della storia. Una bella storia, ambientata a Ruac, un piccolo paesino francese in prossimità del quale l’archeologo Luc e il suo amico Hugo, seguendo le informazioni decodificate da un manoscritto rinvenuto a seguito di un incendio, scoprono una caverna enorme per dimensioni e per ricchezza di disegni risalenti al Paleolitico. Sarà Sara, esperta di piante e proprietà chimiche e cara amica dell’archeologo, ad aiutarlo a districare l’enigma racchiuso in quei disegni. La loro vita cambierà quando cominceranno a scoprire il tremendo segreto nascosto nella caverna e nel manoscritto e gelosamente custodito dai pochi abitanti di Ruac. Un segreto che affonda le radici 30.000 anni addietro e che viene riscoperto e tramandato dall’epoca dei Templari. Un segreto che deve rimanere tale. Piacevole e fluido nella lettura, “La mappa del destino” è la dimostrazione che un’accurata documentazione, fantasia e arte nello scrivere sono ingredienti irrinunciabili per realizzare un ottimo romanzo.
[Daniele, 13.03.2011]



CHIEDI SCUSA! CHIEDI SCUSA!

Elizabeth Kelly, apprezzata giornalista canadese, come primo esordio letterario penso non potesse scrivere un libro più bello. La storia è quella di una famiglia irlandese, i fantastici Flanagan che, esenti da qualsiasi preoccupazione economica poiché mantenuti dal nonno che è un magnate dei media, vivono tra le dune di Martha’s Vineyard, in una di quelle case sulla spiaggia che tutti sognano per le vacanze. La famiglia è composta da Charlie Flanagan, affascinante donnaiolo scriteriato, dalla moglie Anais, ovvero la bella ereditiera dagli ideali rivoluzionari che finanzia ogni sorta di iniziative insurrezionali, da Tom Flanagan fratello di Charlie, il cui compito è mandare avanti la casa e occuparsi dei due figli della coppia, Bingo, il preferito di Anais, e Collie il narratore del libro, l’unico della famiglia sensibile e coscienzioso, il solo ad avere un vero rapporto con il nonno, soprannominato il Falco, che guadagna soldi a palate e vede in quel nipote un erede per il suo impero. La vita in quella famiglia è scandita da ogni sorta di colpi di testa, di storie incredibili, di risse verbali, di sbronze infinite e di affronti al Falco, mentre una miriade di cani di ogni taglia e razza li circonda insieme ad un nuvolo di piccioni, che zio Tom addestra con vera passione. La prima parte del libro è veramente incasinata, ho fatto fatica a seguire gli intrecci, i personaggi, i loro pensieri e le loro rocambolesche avventure, ma ad un certo punto la svolta: un evento doloroso e del tutto inaspettato cambia la trama al libro rendendolo irresistibile seppur allo stesso tempo molto triste. Buona lettura!
[Loredana, 05.03.2011]



IL PREDICATORE

Questa volta il consiglio di leggere questo libro mi è arrivato “dall’alto”: lo ha segnalato Piero Dorfles durante la trasmissione Per un pugno di libri (non ditemi che non l’avete mai vista!). L’autrice, una delle più celebri scrittrici di polizieschi della Svezia, vive a Stoccolma ed ha invaso le librerie di ben ventisette paesi già con il primo libro di questa stessa serie, la cui protagonista è Erica Falck: La principessa di ghiaccio.
Ma torniamo a Il Predicatore, un autentico giallo a 360°, un po’ incasinato (si può dire incasinato?) all’inizio perché si accavallano protagonisti, nomi, episodi e situazioni in un turbinio di informazioni che se perdi il filo sei finita. Una volta entrata nel vortice ti fai prendere e non riesci a staccarti da quelle pagine perché devi assolutamente sapere quello che c’è scritto dopo. Potrei riassumere la trama parlando della famiglia Hult, divisa da una ventennale faida dopo che Ephraim, il capostipite nonché il Predicatore, lascia ai discendenti un’eredità del tutto discutibile. Tutto succede nel paesino di Fjallbacka, sulla costa svedese occidentale, dove vengono scoperti tre omicidi, i primi due avvenuti molti anni prima ma rinventi solo ora grazie al terzo cadavere. Le indagini le segue Patrik Hedstrom, poliziotto della zona nonché marito di Erika, che ricordiamo essere la nostra eroina. Altre vite che si intrecciano sono quelle di Anna, sorella di Erika, e dei suoi due figli, nonché quella dell’ex marito e dell’attuale compagno snob. Concluderei con una piccola osservazione su Camilla Lacckberg: a mio avviso è un’artista nel tessere intrighi e segreti!
[Loredana, 18.02.2011]

L'ha fatto leggere pure a me! 460 pagine (q-u-a-t-t-r-o-c-e-n-t-o-s-e-s-s-a-n-t-a... troppo lungo!) di intrighi mescolati a scorci di vita quotidiana svedese. E mi sono raccapezzato solo dopo le prime 200! Dunque, come dice Loredana, all’inizio è un po’ “incasinato”, ovvero angoli diversi della storia, con diversi personaggi, si avvicendano così velocemente che è inevitabile perdere il filo. O almeno è inevitabile se, come me, ne leggi 4 pagine al giorno! Ma alla fine tutto torna, e questo è il bello. Alla fine pensi: «caspita, che fantasia che ha questa qui!»
[Daniele, 28.04.2011]



IL GIOCO DELL'ANGELO

Il Gioco dell’Angelo mi è saltato in mano mentre cercavo un libro per bambini in una piccola libreria. Fatico a credere che le prime opere di questo scrittore spagnolo fossero proprio storie per ragazzi. Ci trovo uno stile ricercato, abbondante, di certo frutto dell’esperienza. Dietro una trama e una forma narrativa così mi aspetto una mente scura e complessa, come i termini che ancora mi riecheggiano in testa: maledizione, sudario, ragnatela, lacrime nere… Le prime pagine del libro trasudano di una scrittura pesante, lenta, piena di aggettivi, poi, man mano che la trama si sviluppa, diventa più immediata, le frasi più brevi, lo scambio di battute più frequente. Rischio di vedere cose che non esistono, ma ho l’impressione che questo cambiamento sia voluto: si parla di un ragazzo giovane ed inesperto, nella Barcellona di inizio Novecento, che sogna di diventare uno scrittore. È quando il successo arriva che lo stile narrativo sembra migliorare. Bella prova per il traduttore! Ed è in quel momento che il protagonista scopre che l’offerta che gli è stata fatta non porta solo onore e gloria, il prezzo da pagare è piuttosto alto. Passione, amore, amicizia, criminalità e complotto si intrecciano tenendomi immobile sotto le coperte con i brividi che si rincorrono sulla schiena. Per un paio di giorni si scatena in me la sindrome da lettura notturna: inebetimento diurno, occhiaie e occhi arrossati. Rallento quando intuisco che c’è un elemento nella storia che generalmente non apprezzo: l’irreale. Sarà però proprio questo intreccio di realtà e fantasia a farmi apprezzare le ultime pagine, quando tutto viene ricondotto ad un disegno più grande.
[Daniele, 12.02.2011]




Simonetta Agnello Hornby, nata a Palermo ma trasferitasi a Londra nel 1972, è un avvocato di successo e dal 2002 una scrittrice con la S maiuscola. Questo è il suo quinto libro: tutti libri intensi, pieni di emozioni, di storie da scoprire e di pagine da divorare. Ogni libro è diverso dall’altro e anche il modo di scrivere diventa camaleontico in ogni singola storia. La Monaca è ambientato attorno alla metà dell’800, tra la Sicilia e la Campania, tra famiglie ricche e prestigiosi casati ma soprattutto tra monasteri, conventi, ingiustizie, amori impossibili e libri, tanti libri. Agata, dopo varie vicissitudini, accetta la vita monacale ma il desiderio di vivere nel mondo non l’abbandona, soprattutto quando scopre l’amore di James e i movimenti che ispirano l’Unità d’Italia scombussolano la sua vita e ovviamente tutto il Paese. Il libro è carino, si direi solo carino, anche se la trama è particolare e sicuramente l’ambientazione storica e lo studio delle fonti sono molto interessanti. Però devo essere sincera questa volta il libro non mi ha entusiasmata, forse la parte della vita monastica dell’eroina risulta troppo lunga o forse mi aspettavo uno sviluppo del romanzo più incalzante. Aspetto comunque il prossimo libro della Hornby con impazienza, magari condito con quelle frasi “sicule” che questa volta mi sono tanto mancate.
[Loredana, 27.01.2011]



VORREI STAR FERMO MENTRE IL MONDO VA

“Un ingegnere che scrive un romanzo, chissà che bravo…. seee”, devo essere sincera questo è quello che ho pensato appena Marika mi ha consigliato questo libro, quindi sono partita parecchio prevenuta nell’affrontare il romanzo. Comunque la sensazione è durata pochissimo, ci ho messo mesi per decidermi a leggerlo e poi l’ho divorato in poche ore. La storia è quella di Rodolfo, diciottenne già nostalgico, legato fin dalle elementari da una stretta amicizia con Mattia e Valentina. La separazione dei genitori di Rodolfo, la morte dopo poco del padre, i ricordi di infanzia e finalmente l’incontro con la donna della sua vita, Daria, scandiscono episodi di vita, di famiglia, racconti, ricordi, problemi adolescenziali, d’amore, d’amicizia e di affetti. Il tutto scritto con una naturale leggerezza ed una piacevole capacità di rendere intensi non solo i ricordi ma soprattutto le emozioni. Non posso inoltre tralasciare l’ambientazione del romanzo, la città di Pordenone, dove le immagini così dinamiche del racconto mi hanno fatto rivivere l’adolescenza tra la scuola, la musica, le “vasche” del Corso Vittorio, le birrerie, i negozi e il cinema all’aperto. Ovviamente sono pordenonese e fiera di esserlo. Tanto di cappello per il tuo primo romanzo ingegnere! Aspetto con ansia il secondo.
[Loredana, 10.01.2011]



APPUNTI DI UN VENDITORE DI DONNE

L'ultimo libro di Faletti, Pochi inutili nascondigli, mi aveva lasciata abbastanza confusa, non riuscivo a capire se quel libro fosse il frutto di un “parto cesareo” o se la vena scrittoria aveva abbandonato quello che ritenevo fosse uno dei migliori autori italiani di gialli sul mercato. Tranquilli, tutto sotto controllo: Faletti è in super forma! Appunti di un venditore di donne è un libro che si discosta dai suoi primi scritti, ricco di suspense ma denso di avvenimenti storici e come sempre pieno di colpi di scena. Per la precisione l’ambientazione è quella dell’Italia del 1978, quando si vivevano i giorni drammatici del sequestro Moro e le Brigate Rosse monopolizzavano gli avvenimenti di cronaca, mentre la città di Milano era stremata dagli scontri politici e si preparava alla venuta degli anni ’80. Qui, tra bische clandestine, discoteche, ristoranti di lusso e cabaret (caro Giorgio nostalgia del tuo “Derby” milanese?), un affascinante protagonista, conosciuto col soprannome di Bravo, vende a caro prezzo corpi di donne per guadagnare soldi facili e per eludere una menomazione inflittagli per una probabile offesa, scoprite voi quale. Con lui una specie di amico, Daytona, un vicino di casa, Lucio, con cui condivide la passione per i crittogrammi, e una donna apparsa all’improvviso, Carla, grazie alla quale si risvegliano in Bravo emozioni che credeva sopite per sempre: solo l’inizio di un incubo che vivrà tra mala vita, polizia, servizi segreti e brigate rosse.
Questo è uno di quei romanzi da cui non riesci a staccarti e, se proprio devi, non vedi l’ora di tornare a casa per continuare a leggerlo. Impossibile non divorarlo se sei: Milanese, nato tra gli anni ’60 e ’70, amante della “Settimana enigmistica” ma soprattutto un buon lettore.
[Loredana, 15.12.2010]



LA SOLITUDINE DEI NUMERI PRIMI

Come due numeri primi, solitari ed isolati ma vicinissimi tra loro, la vita di Alice e Mattia sembra viaggiare su binari paralleli, si attraggono ma non si uniscono mai. Vicende diverse traumatizzano la loro infanzia e segnano la loro esistenza tra l’adolescenza e l’età adulta. La diversità dagli altri li caratterizza entrambi portandoli a vivere sensazioni di inadeguatezza. Il lettore percorre le loro vite assistendo ad esperienze diverse che in qualche modo però trovano sempre un momento di riavvicinamento. Immaginando le pagine successive sono portato a credere che “finalmente ci siamo” e invece, come cariche magnetiche di stesso segno, inaspettatamente si riallontanano. Paolo Giordano nasce nel 1982, si laurea in fisica teorica nel 2006 e nel 2008, giovanissimo, scrive “La solitudine dei numeri primi”. Nel 2010 esce l’omonimo film, che ancora non ho visto. Riuscirà ad essere all’altezza del libro? Il romanzo mi lascia dormire la notte, ma lo leggo velocemente perché profuma di novità. Mi coinvolge in disagi infantili e adolescenziali che, anche se non ho vissuto, cerco di comprendere. Mi ricorda che a volte capitano vicende, o si fanno scelte, che inaspettatamente segnano la vita. Mi svela che spesso, come i numeri primi, alcune persone ci sono molto più vicine di quanto si possa pensare.
[Daniele, 14.12.2010]



CHE LA FESTA COMINCI

Il primo romanzo che leggo di Niccolò Ammaniti mi fa entrare in una sorta di pazzia narrativa, dove l’esagerazione e il paradosso vengono alleggeriti da tratti di comicità e attenta ironia. La scrittura semplice e diretta di Ammaniti e la vivacità degli eventi narrati mi hanno fatto arrivare alla fine della storia in tempi record.
Le vicende di personaggi dai caratteri molto diversi tra loro si alternano per gran parte della narrazione per poi congiungersi alla fine, stravolgendo ciò che inizialmente si poteva immaginare. Grazie a questi personaggi Ammaniti ci dimostra che spesso ciò che appare non è ciò che è. Non c’è il bene assoluto e il male assoluto, spesso ciò che si pensa e ciò che si è si nasconde dietro l’immagine che vogliamo dare di noi stessi, o dietro l’immagine che ci viene riconosciuta dalla società e dalle persone che ci circondano.
In “Che la festa cominci” C’è Saverio Moneta, leader di una sfortunata setta satanica, che cerca una sorta di riscatto da una vita misera, imbevuta di insuccessi e insoddisfazione. Dall’altra parte Fabrizio Ciba, scrittore di successo, egocentrico e incessantemente impegnato a costruire un’immagine vincente di sé stesso. I due parteciperanno, con obiettivi completamente diversi, alla mega festa organizzata, in una mastodontica villa di Roma, dall’immobiliarista cafone e megalomane Sasà Chiatti. Una festa per VIP che imploderà su se stessa per la volontà di strafare e l’imprevedibile presenza di ex atleti sovietici che si auto-inflissero una vita nascosti nelle catacombe romane pur di non sottostare al regime dell’ex URSS.
Esagerazione, euforia, disperazione, insoddisfazione, volgarità, erotismo, drammaticità, ironia, comicità… nella penna di Ammaniti c’è un po’ di tutto.
La fine del romanzo ci lascia il ricordo di un’umanità ridicola, piena di sé, falsa e superficiale, all’interno della quale, spesso, proprio chi non ostenta ricchezza e successo, chi è costretto a soffocare le proprie aspirazioni finendo col percorrere una vita di insuccessi, scoprirà valori e qualità che non sapeva neppure di avere.
[Daniele, 31.10.2010]



ACCIAIO

Qual è il criterio che ti spinge a leggere un libro? Ho sempre pensato che la cosa più bella nella scelta di un libro sia il momento in cui lo prendi in mano, studi la copertina, leggi il colophon, sfogli le pagine e il profumo della carta inizia ad avvolgerti ed ad attrarti. La scelta è istintiva, come il colpo di fulmine. Poi ci sono i libri che compri dopo aver letto un’interessante recensione, o i libri che ti consigliano gli amici con i tuoi stessi “gusti”. Questo libro me lo ha consigliato Tiberio, amico da sempre e come me infaticabile lettore. L’autrice, tra l’altro giovanissima, è al suo primo romanzo ma sfodera uno stile discorsivo, d’effetto e affascinante. La storia riporta all’età adolescenziale, parla infatti dell’amicizia tra due quattordicenni, Anna e Francesca che, tra le case popolari dove hanno sempre vissuto, vedono sbocciare la propria femminilità e cercano di usarla per diventare qualcuno, per scappare dal degrado di quel quartiere pieno di droga, di bulli, di delinquenti e di padri che credono con la violenza di poter tenere a bada mogli e figli. Poi un giorno arriva l’amore, ma arriva in un modo così improvviso e sofferto che spezza i sogni, frantumando anche quell’amicizia che fino a poco prima sembrava immortale. Silvia Avallone, finalista al Premio Strega 2010, attraverso gli occhi di due adolescenti racconta l’Italia delle periferie e della classe operaia nel tempo in cui, si dice, la classe operaia non esiste più. Devo dire che il libro è molto carino, ricco di interessanti sfaccettature e di argomenti che mettono in moto sia i ricordi che la fantasia, insomma quello che un lettore di solito cerca….
[Loredana, 11.10.2010]



IL GRANDE LIBRO DEI MISTERI DI VENEZIA
Risolti e irrisolti

Avete mai provato a camminare per le calli di Venezia nelle prime ore di un mattino d’autunno, quando la nebbia ancora nasconde le cime dei palazzi e l’acqua gorgoglia, creando mulinelli attorno alle nere sagome delle gondole che attendono di scivolare fino al Canal Grande? Vi siete mai avventurati oltre le Mercerie e piazza San Marco, dove il gatto sbuca silenzioso da un umido sottoportego? Immaginate di essere soli, vi affrettate verso la vostra meta e vi accorgete che un anonimo bassorilievo vi osserva da lontano. In quel reticolo di calli vi sembra di esservi persi, l’occhio inespressivo della statua vi inquieta. In lontananza i passi sicuri di uno sconosciuto, forse, potrebbero indicarvi la giusta via, ma già sapete che non lo raggiungerete mai perché, probabilmente, è già stato risucchiato dalla città del mistero. La vostra immaginazione vi sta conducendo oltre i portoni di antichi palazzi che nascondono segreti, misteri, leggende e misfatti inscindibilmente legati, nell’immaginario comune, alla città lagunare. Non è solo fantasia, sotto c’è anche una fervida realtà.
Fatti che il Signor Nosenghi ha riportato alla luce, spulciando gli archivi della Serenissima, con l’intenzione di raccoglierli in un libro affascinante. Non poteva starci tutto e così ci propone una selezione rappresentativa degli ambiti e delle passioni in cui il delitto trova spazio e ragione: l’amore, la gelosia, l’invidia, la vendetta, il potere e l’avidità. Ne nasce una raccolta di fatti e misfatti della storia che raccontano i delitti, i misteri e le sparizioni avvenuti nel passato di Venezia.
L’autore ci prepara a comprendere le vicende del passato presentandoci la città di oggi, così come la possiamo vedere con i nostri occhi. Credo sia questo il bello del libro: tutto sembra reale perché i luoghi sono reali, se vogliamo possiamo osservare anche in questo momento ciò che lui descrive. Angoli di palazzi, statue, scalinate, colonne, e soprattutto i nomi dei ponti e delle calli ci confermano che tutto ciò che è riportato potrebbe essere vero, e molto, probabilmente, lo è.
Le pietre di Venezia sono le protagoniste della prima parte del libro. Raccontano la storia di un popolo di mercanti e avventurieri e portano i segni di eventi che hanno scritto la storia della città. Sono state testimoni di storie, avvenimenti ed intrighi che l’autore ci rivela ad ogni pagina, ricordandoci però che mistero, confusione ed incertezza caratterizzano l’interpretazione dei segni in esse contenuti. I nomi delle calli, dei campi e dei ponti, da quello “delle Tette” a quello “dei Squartai”, raccontano la vita quotidiana e custodiscono la storia, i fatti di cronaca e le leggende che qui trovano ambientazione.
Le famose e affascinanti maschere di Venezia, complici dell’animazione del carnevalesco inverno veneziano, offrivano l’occasione per condividere il piacere del cibo e della trasgressione. Nascosti dall’inespressività delle maschere e dall’ombra delle calli, i veneziani di ogni classe sociale si sono concessi perversioni, piaceri illeciti e sregolatezza, in una città dove per secoli il lusso sembrò accompagnarsi al vizio.
Nosenghi ci fa incontrare i fantasmi della Bianca Signora di Torcello e la Dama della Malcontenta, ci racconta di una città in cui si sono incontrati Occidente e Oriente, che ha unito la Terra Santa al nord Europa, facendosi coinvolgere nella storia dei Templari con la misteriosa presenza del Sacro Graal. Ci ricorda famosi personaggi entrati nella leggenda, da Casanova a Cagliostro agli alchimisti della Giudecca.
Si protende verso i giorni nostri con i misteri di palazzi stregati come Ca’ Mocenigo Vecchia e la famosa Ca’ Dario, chiamata “la casa che uccide” per i numerosi suicidi dei proprietari, arrivando alla vicenda tragica della donna che diede a Mussolini un figlio “segreto” e all’incendio doloso che nel 1996 distrusse completamente il Teatro della Fenice.
Di Nosenghi, nella quarta di copertina, si dice che fa tante cose, «quando non si perde tra le calli e i campielli della città che ama di più al mondo», e questo amore esce dalle righe, facendomi venire voglia di fare un giro a Venezia, alla ricerca dei luoghi delle storie che ha scovato.
[Daniele, 04.10.2010]



LA PRIVATIZZAZIONE DEL MONDO
Padroni, predatori e mercenari del mercato globale
Cos’è la globalizzazione e quali sono i suoi effetti sulla vita di milioni di persone?
Difficile comprenderlo e ancor più difficile descriverlo con obiettività. Ziegler ci viene incontro con l’analisi storica e l’osservazione diretta ricca di dati ed esempi. Lo fa da un punto di osservazione privilegiato, quello di chi per passione e per mestiere ha vissuto l’evoluzione di questo fenomeno.
Descrive la posizione dominante dei mercati finanziari che regnano sopra ogni cosa e ci mette in guardia dai rischi che corre l’economia permettendo l’espansione di un sistema finanziario eccessivo per quantità e inconsistenza. Il libro è stato scritto nel 2002 e, visto tutto ciò che è avvenuto dopo, sembra quasi preannunciare gli errori che ci hanno condotto alle difficoltà di oggi.
Il neoliberalismo, la corrente di pensiero dominante, guida la privatizzazione del mondo. L’obiettivo dichiarato dalla doxa neoliberalista è la conquista del benessere globale attraverso l’effetto a cascata, il famoso trickle down effect, promesso da Ricardo e Smith: «la crescita indotta dalla liberalizzazione totale dei mercati porterà necessariamente un giorno la felicità a tutti i popoli». L’ingrediente principale della formula neoliberalista è la privatizzazione di ogni attività umana, attenendosi ad una strategia ben definita: massimizzazione del profitto, competizione senza limiti e senza protezione, espansione costante dei mercati, globalizzazione dei circuiti finanziari, accelerazione dei ritmi di accumulazione, eliminazione di ogni istanza, istituzione o organizzazione che potrebbe rallentare la libera circolazione del capitale, liquidazione delle culture autoctone.
Cosa accade nell’attesa che si avveri questa visione?
«La miseria imperversa su una fetta sempre più grossa di popolazione, ad esclusivo beneficio di pochi paesi dominanti che si spartiscono la ricchezza mondiale e impongono agli altri le proprie direttive […] A livello planetario siamo sotto il dominio della tirannia del capitale finanziario e della monetarizzazione progressiva delle relazioni umane. Gli stati nazionali sono in decadenza, sotto l’influsso distruttivo dell’aggressività del capitale».
Nel mondo dominano i “Predatori” del mercato capitalista, gente senza scrupoli che accumula ricchezze impressionanti, ammassate nei paradisi fiscali, alle spalle di una miriade di poveracci. Mossi dall’avidità i predatori accumulano soldi, distruggono lo Stato, devastano la natura e gli esseri umani servendosi di uomini e istituzioni che agiscono al loro soldo, i “Mercenari”: funzionari della Banca mondiale, del Fondo Monetario Internazionale e dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Dall’altra parte popolazioni intere che producono a basso costo per alimentare la logica del consumo.
I Paesi ricchi, guidati dagli Stati Uniti, stanno al vertice di questo sistema che emargina i paesi più poveri, li rende impotenti e soffoca le loro voci. Gli Stati Uniti manifestano un profondo egoismo che li porta a non firmare convenzioni e trattati internazionali. Il principio è non fare accordi con alcuno, semplicemente dettare le regole. Perciò si oppongono al principio di una giustizia internazionale, nel campo dei diritti umani si oppongono alle misure che tendono a dare concreta applicazione ai diritti economici, sociali e culturali, in particolare i diritti all’alimentazione, alla protezione dell’habitat, all’istruzione, alla salute, all’acqua potabile e al diritto allo sviluppo. Economia e politica sono ormai inscindibili: la politica statunitense è sottomessa agli interessi dei produttori di petrolio e di armi, le scelte di politica internazionale non sono dettate dal buon senso ma dal desiderio di imperialismo economico e persino il terrorismo viene utilizzato per riorganizzare il mondo in base agli interessi delle multinazionali statunitensi. L’accusa dell’autore è documentata nel libro da un’articolazione di dati, fatti ed esempi.
L’Europa, evitando ogni contrapposizione, si rende complice. Osservando il passato si comprende che sarebbe potuta diventare una potenza democratica, pacifica, capace di organizzare la globalizzazione. Invece è regredita verso una zona di libero scambio, priva di regole e legittimità, sottomessa al dominio del modello americano. Inspiegabilmente i leader europei si compiacciono del servilismo che mostrano nei confronti dell’impero americano.
Le ondate di privatizzazioni annullano il ruolo dello Stato:
«Uno stato che smantella volontariamente i suoi servizi pubblici più essenziali e trasferisce al settore privato i compiti che rispondono a un interesse collettivo, sottomettendoli così alla legge della massimizzazione del profitto, costituisce, per utilizzare un’espressione di Eric Hobbes, un failed state, uno stato fallimentare. Agli occhi dei cittadini il suo valore è vicino a zero […] Quando le funzioni normative dello stato sono paralizzate e si afferma il capitale finanziario ha luogo una definitiva regressione sociale, si afferma un modello sociale in cui il forte ha sempre ragione e il debole ha torto. Ogni sconfitta è meritata e trova la sua spiegazione solo nella debolezza del perdente».
Cosa fermerà l’avanzare di queste condotte prima che ci conducano ad un crollo irreversibile?
Sempre più spesso ci si accorge che così non può andare, il sistema non può reggere. Avanza però la speranza di ristabilire l’ordine delle cose attraverso la rinascita di una società civile che pensa al di fuori dell’opinione dominante, una società basata sul principio di generosità intesa come emozione generata dal sentimento di rivolta davanti all’oppressione e il desiderio di un mondo migliore. Stiamo parlando di persone organizzate in una miriade di organismi, ONG e altri movimenti diffusi in tutto il mondo, permeati da un’intensa attività intellettuale, che usano le armi del pragmatismo e della contestazione iperattiva. Questi organismi sfuggono al monolitismo, bandiscono la gerarchia, così come l’uniformità e la standardizzazione del linguaggio, dei metodi di lotta e di analisi. Pur affermando la singolarità, dimostrano un’efficiente capacità di riunirsi, senza tuttavia unirsi, per il raggiungimento, efficace e rapido, di obiettivi comuni.
Forse stiamo imboccando la strada giusta per raggiungere un equilibrio tra il vantaggio del singolo e il benessere collettivo, con una distribuzione più equa delle risorse e il rispetto della natura e della dignità dell’uomo.
La sensazione è di vivere un periodo di transizione, Ziegler dice che il cambiamento è iniziato!
[Daniele, 29.08.2010]



SLOW ECONOMY
Rinascere con saggezza
Qualcosa è andato storto nell’incessante corsa alla crescita a tutti i costi, al “sempre di più”, al “sempre meno caro”, purtroppo, al “sempre più scadente”. Abbiamo vissuto anni di intensa attività economica, di cambiamenti economici e sociali, adesso è il tempo di fermarsi e riflettere.
La globalizzazione, tra tanti mali, ha avuto il pregio di avvicinare mondi diversi. Le distanze tra Oriente e Occidente si accorciano, c’è chi studia i modelli che hanno funzionato meglio, per imitarli e superarli, e chi ha bisogno di ritrovare modelli antichi, fatti di frugalità, modestia e valori più umani. Solo l’interazione tra due mondi potrà rilanciare un’economia diretta verso la stagnazione, se sapremo fare le scelte più giuste potremo migliorarci, ricordandoci che migliorare è più che “avere di più”.
Frugalità e modestia… ma di che scrive uno dei miei giornalisti preferiti? Potrei dire che mentre lui guarda a Oriente, presentandoci un’affascinante percorso tra una moltitudine di paesi ed esperienze vissute in prima persona, io rivivo azioni impresse nella mia memoria dai racconti dei nonni. Gesti perduti, che un tempo si facevano in ogni casa e che oggi possiamo rivitalizzare in modo consapevole e creativo.
Non ho letto un libro di economia, neanche un libro di viaggi, forse un flusso ordinato di riflessioni basate su dati, eventi e l’osservazione diretta.
“Slow economy” non ha una definizione. È un concetto che prende forma una pagina dopo l’altra, che si comprende arrivando fino alla 192esima pagina, accompagnati dalla forza dell’evidente passione dell’autore per la storia e l’analisi dei fatti e dei luoghi. Slow economy è una condizione da creare, a partire da gesti quotidiani fino alle grandi decisioni politiche. Rampini non ci dice esattamente cosa sarà il futuro, ci dice cosa potrebbe essere, a seconda delle scelte che si faranno: immobilismo, crescita lenta, sperimentazione, intuizione, crescita virtuosa.
Sono certo che necessariamente sarà cambiamento, il testo mi convince che tanto vale fare un cambiamento positivo valorizzando le diversità, perché è proprio dall’interazione di culture diverse che nasceranno le soluzioni migliori.
[Daniele, 09.05.2010]






# Dott.ssa Loredana Schembri.
# Dott.ssa Barbara Sorgato.

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